Un punto di carattere al San Paolo

estigarribiaLa Juve esce dalla bolgia del San Paolo con un punto. E, per come si era messa la partita, è un punto non d'oro, ma di platino. Infatti nel primo tempo, dopo qualche minuto di usuale possesso palla a tinte bianconere, il Napoli imposta la sua partita sul contropiede fulmineo e su ritmi molto alti. Ma è il modulo della Juve a non convincere: Pepe centrale a fare il simil-Marchisio non sembra adatto, se non altro perché i piedi e le caratteristiche tecniche del romano non sono di certo equiparabili a quelle di Claudio. Pirlo, il faro della manovra juventina, dimostra di essere poco lucido, come nell’azione che porta al rigore. La classe non si discute, ma forse un turno di riposo potrebbe rigenerare le forze del bresciano. La stanchezza tuttavia pare colpire la Juve intera, forse provata dalle tre partite in dieci giorni. Il primo a sbagliare è proprio il genio di Brescia, che concede un rigore ingenuo a Lavezzi. Sebbene il gol non arrivi in questa situazione (Hamsik spara alto in occasione della ripetizione del rigore), di lì a poco sarà Bonucci, coprendo malamente su Maggio, a permettergli di servire involontariamente di mano (stavolta è involontario, vero Caressa?) Hamsik. La seconda rete, a firma di Pandev, mostra una Juventus sfortunata nei rimpalli ma anche difensivamente allo sbando.
E così che si chiude il primo tempo: un 2-0 senza se e senza ma. Con i fantasmi della stagione precedente ad incombere sui bianconeri. A chi di noi non sono passate per la mente le goleade pazzesche degli ultimi anni, con i vari allenatori “smile-style” pronti a dire “Eh beh, pazienza”? E poi una sconfitta ci poteva anche stare, era la legge dei grandi numeri a richiederlo.
E invece no. Al ritorno dal tunnel degli spogliatoi, la Juve cambia. Il modulo permane, ma l’atteggiamento è radicalmente opposto: i giocatori vanno a chiedere la palla, Pirlo risistema le geometrie e comincia a sfornare lanci e passaggi millimetrici, Vidal ringhia su ogni pallone, Vucinic riprende a fare il suo lavoro. Genio e sregolatezza per il montenegrino, che però deve imparare a funzionare per 90 minuti, non a intermittenza come spesso invece fa. E c’è da scommettere che nell’intervallo l’allenatore lo abbia redarguito a dovere. E’ una Juve con il carattere di Conte: indomabile, affamata e aggressiva. Una squadra che, dopo aver accorciato le distanze con Matri, subisce il terzo goal da Pandev e trova comunque le energie per andare in rete con Estigarribia, un giovane che sembra iniziare a trovare le misure nel campionato italiano, e con un'azione personale di Pepe. Il paraguagio ha talento e forse, con un po’ di lavoro, potrà crescere molto bene.
Per quanto riguarda il romano, invece, è decisamente lui il simbolo di questa squadra: come dice Conte nel post-partita, la Juventus ha dato una risposta morale. Insomma, ha tirato fuori gli attributi, e c'è da esserne orgogliosi. Che sia forse definitivo il ritorno della Vecchia Signora? Aspettiamo ancora, ma i segnali sembrano tutti buoni, anzi ottimi.
Ultime due notazioni. Bonucci sta mostrando i suoi limiti: sul secondo gol di Pandev effettua un intervento in anticipo che nemmeno nei peggiori campi di oratorio si vede mai. Bravo tecnicamente, ma limitato nel marcare l’uomo: se a gennaio arrivasse un centrale difensivo diverso si potrebbe davvero cominciare a pensare in grande.
Infine, chi di voi non ha provato un lieve senso di piacere, sentendo il tono da funerale di Caressa e Bergomi al gol di Pepe, e vedendo Mister “l’Atalanta ci fa più paura”, scuro in volto dopo il pareggio, affermare di aver vinto 4-3 sul campo? Una sensazione che non provavo da ben cinque anni. Grazie, Antonio, grazie, e continua così, ti prego. Perché noi bianconeri non siamo mai sazi. Ma questo tu lo sai bene, vero?

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