Da Genova torna una Juve più forte

aquilaniC’era una volta, non tanto tempo fa, una Juventus che costringeva i suoi tifosi a gare emozionanti, e purtroppo non nel senso positivo del termine.
Era, quella di inizio stagione, una squadra colabrodo che tanti gol segnava ma altrettanti ne subiva: gli scommettitori che si accingevano a puntare sulla partita con più gol segnati non avevano dubbi su quale fosse il match da scegliere per assicurarsi una puntata vincente.
A distanza di due mesi, il lavoro di Del Neri ha portato alla costruzione di un’organizzazione solida e alla maturazione di una convinzione collettiva che alla Juve non emergevano così dal nulla dai tempi del primo Lippi.
Il gruppo, al 12esimo risultato utile consecutivo assoluto, il nono se limitiamo l’analisi al campionato, ha assimilato relativamente in fretta concetti elementari, ma che non tutti sono in grado di spiegare con semplicità.
Del Neri, e mi perdonerà la battuta, evidentemente coi calciatori si esprime in maniera molto chiara ed efficace, l’esatto contrario di quanto gli capita di fare di fronte alle telecamere.
Non so cosa riuscirà a portare in bacheca, ma ho la sensazione che la strada per tornare ad essere la VERA Juventus sia quella tracciata dal mister di Aquileia.
La gara di Genova era delicata per tanti motivi: l’ambiente caldo e il valore di un avversario reduce da due successi e fresco di cambio in panchina; ma soprattutto era attesa la risposta di un gruppo (quello bianconero) reduce da pareggi con Brescia e Roma, considerate vere e proprie occasioni perse.
E i giocatori juventini, che a parole dichiarano di non puntare allo scudetto ma, a giudicare dall’atteggiamento tenuto, non gradivano certo la prospettiva di ritrovarsi, dopo questa gara, a distanza siderale dalla capolista, hanno risposto con una gara quasi perfetta nel primo tempo, con un centrocampo (in particolare la coppia centrale) dominante sugli avversari, costretti a prendere atto della propria impotenza tattica.
La stessa sensazione ce l’ha trasmessa la coppia difensiva, sempre più a suo agio e favorita dalla compattezza che questo gruppo ha ormai assunto.
Con simili premesse, è dura far gol a questa Juventus, capace di chiudersi a riccio e ripartire di slancio con Marchisio, Quagliarella (splendido a livello tattico, al contrario del suo collega di reparto) e soprattutto col redivivo Krasic, tornato a tempo di record a far danni sulla corsia destra.
Devastante il primo tempo del serbo, sul quale Criscito (ammonito presto per un fallaccio sull’avversario diretto) frana nonostante il raddoppio sistematico di un compagno.
Marassi aveva preparato un bell’ambientino per Krasic, fischiato sonoramente ad ogni tocco di palla per via della “questione bolognese”: una questione che sembra aver bollato il biondo numero 27 come il simbolo dei simulatori d’Italia.
E dire che Milos è qui fra noi da fine agosto, mentre, ironia della sorte, a proposito di simulazioni o gesti antisportivi, il centravanti della Nazionale iridata a Berlino 2006, attualmente in forza al Grifone, è noto nell’ambiente per certe attitudini da “Actors' studio”.
E proprio Luca Toni devia in rete con la manina alta su azione d’angolo, ed istintivamente accenna ad esultare finché capisce quasi subito di essere stato beccato in fallo dall’assistente.
La scena, già di per sé miserevole, viene ulteriormente amplificata dal coro che si leva dagli spalti del Ferraris vestito di rossoblu: “Ladri! Ladri!”.
Da che pulpito…
Nel secondo tempo il Genoa reagisce per recuperare, e l’inserimento di Kharja (uno che con la Juve ha un conto aperto) aggiunge potenziale pericolosità alla manovra rossoblu: ma anche nel frangente, a parte una traversa colta proprio dal marocchino nel finale (che fa il paio con quella colpita da Criscito nella prima frazione, peraltro con un gesto tecnico splendido), Storari resta sostanzialmente tranquillo.
La Juve soffre il giusto e rimane in controllo provando più volte a chiudere la gara, eventualità che non si concretizza per la pochezza di Iaquinta, che sciupa due colossali occasioni da rete, e per la stanchezza del sempre ammirevole Marchisio, il quale dimentica di aver le qualità per concludere in maniera differente dal compagno e ne imita le ingloriose gesta.
Ecco cosa manca a questa Juve per diventare una grande squadra: un grande attaccante, e gennaio è alle porte…
Per finire, speriamo che il fastidio accusato da Aquilani sia cosa risolvibile in tempi brevi, ma soprattutto voglio spendere qualche parola per il giovane Sorensen, chiamato a disimpegnarsi da esterno destro al posto di un acciaccato Motta nel momento di maggior pressione avversaria.
Il ragazzo danese è attento e riflessivo, mostra insospettabili qualità tecniche e una sorprendente personalità (un cambio di gioco di cinquanta metri mi ha lasciato a bocca aperta) e sembra non patire l’emozione.
Nelle mani di Del Neri può solo migliorare.

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