Chiellini e Del Piero non bastano: la "banda del buco" pareggia ancora

chielliniAlmeno in Europa League, quest’anno, la Juventus vinceva.
Ad essere pignoli: nell’anticamera di quella manifestazione. Tra il terzo turno dei preliminari e lo spareggio: quattro vittorie su quattro, in casa come in trasferta, a Dublino come a Modena, Graz e Torino.
Proprio Dublino ospiterà la finalissima, in programma il prossimo 18 maggio. Ma con una squadra che non regala certezze, ma soltanto amnesie in campo miste a fiammate d’orgoglio, non si possono fare programmi a lunga scadenza. Anche perché, ad oggi, non converrebbe. Meglio vivere alla giornata.
Del Neri lo aveva detto, nella conferenza stampa che anticipava la gara di stasera: “Il Lech Poznan è una squadra temibile, da rispettare”. Ma sembrava la più classica tra le dichiarazioni di un allenatore che ha il timore di un calo di concentrazione da parte dei suoi calciatori, in un momento in cui quelli - di certo - non mancano. Invece...
Stilic è la mente, Rudnevs il braccio e l’esecutore materiale di una tripletta che consente ai polacchi di riportare il punteggio finale del tabellone esattamente dove si era fermato domenica scorsa, al termine della gara contro la Sampdoria: 3-3. Gli uomini non sono gli stessi, il film della partita regala la sensazione di una proiezione già vista: primo tempo negativo dei bianconeri, reazione nella ripresa, rete subita quando la gara sembrava ormai conclusa.
Il 4-4-2 di Del Neri è fisso, la parte variabile è legata agli uomini che scendono in campo: in mezzo, a formare la diga davanti alla difesa, è stata scelta la coppia Sissoko-Felipe Melo. Che tra di loro agiscono in perfetta sincronia: quando uno avanza, l’altro lo segue. Lasciando scoperta la retroguardia.
Sotto di due goals, è Chiellini a riportare la situazione in parità, spingendosi nei territori dove le punte ancora non riescono ad essere incisive e decisive. La prima tra le sue due reti ha un’importanza particolare: segnata quando il primo tempo era agli sgoccioli, ha permesso alla squadra di andare negli spogliatoi con lo svantaggio dimezzato. Il modo migliore per cercare di ribaltare il risultato nella ripresa.
Dove finalmente la Juventus decide di giocare: gli esterni a centrocampo sono più vicini ai centrali, i due nel mezzo si dividono i compiti, la squadra sembra più equilibrata. La partita viene riportata sul binario di un giusto equilibrio, sino a quando Del Piero non decide di tirare fuori uno dei tanti conigli dal suo cilindro, esplodendo un sinistro da una trentina di metri che porta la Juventus in vantaggio. Il problema è che poi, dall’altra parte del campo, Rudnevs lo imita alla perfezione.
Via Camoranesi, Giovinco dirottato a Parma (dove ha ritrovato Candreva), Diego spedito in Germania tra le braccia di Dieter Hoeness (che si è tenuto stretto Dzeko), Martinez – guarito dai primi malanni fisici della stagione – che adesso dovrà giustificare la spesa e la fiducia riposta in dosi massicce da parte della società nei suoi confronti: ad oggi, l’unico membro della tribù dei piedi buoni che sembra parlare la stessa lingua di Del Piero è Krasic. Dove non arriva la classe, il serbo aggiunge la corsa e l’impegno.
Ma è poco, troppo poco. Soprattutto se nell’interpretazione delle partite da parte della squadra vengono a mancare “quantità” e “intensità”.
Ben venga Aquilani, nella speranza che torni ad essere il giocatore ammirato a Roma.
E pensare che proprio ieri Carlos Alberto Tévez, l’attaccante del Manchester City prossimo avversario della Vecchia Signora in Europa League, aveva detto che per lui “la Juventus è la favorita del girone, una grande avversaria e per questo non dobbiamo perdere un colpo. I bianconeri finiranno al primo posto, qualsiasi altra classifica sarebbe una sorpresa”.
Questa volta annunciata.

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