Primi verdetti dal Sudafrica

mondialiIl Mondiale sudafricano ha completato il primo turno e, anche se un quadro più chiaro potremo averlo solamente nei prossimi giorni, alcuni elementi consentono una prima analisi basata sulle gare d'esordio.
Il debutto è stato affrontato con prudenza (quasi) da tutti: le prime 16 gare hanno fatto registrare 6 pareggi (il 37,50% del totale, 2 partite concluse a reti inviolate, 4 terminate 1-1), 7 successi di misura (6 per 1-0 e 1 per 2-1, quello del Brasile) e 3 sole vittorie con più di un gol di scarto (il 4-0 della Germania e il 2-0 che Sud Corea e Olanda hanno inflitto ai rispettivi avversari).
Equilibrio sicuro, se verso il basso o l'alto lo dirà il prosieguo della manifestazione. Impressioni? Promossa la Germania multietnica e superoffensiva, anche se l'Australia non può definirsi un test probante.
Dunque un bravo a Loew che ha saputo miscelare il proverbiale pragmatismo teutonico (caratteristica che solitamente porta i tedeschi ad andare oltre i propri limiti) con la freschezza e l'estro di giovani figli di immigrati.
Forse la Nationalmannschaft è un tantino acerba per puntare al successo finale, ma di certo ha regalato e si regalerà divertimento ed esperienza, qualità che le servirà al prossimo Mondiale brasiliano, dove questa generazione si presenterà di diritto fra le favorite.
Buone cose anche dall'Argentina di un Maradona per una volta impeccabile nel look ma come al solito battagliero nei confronti delle istituzioni (ex colleghi compresi), una squadra probabilmente allenata da Veròn e costruita al servizio di Messi, il miglior giocatore del mondo.
I sudamericani hanno creato e sprecato tantissimo, finendo col rischiare di farsi raggiungere da un avversario, la Nigeria, che appare meno insidioso rispetto a certe passate edizioni.
Sullo stesso piano la Corea del Sud, alle prese con un altro rivale dimostratosi fragile (la Grecia di Rehhagel), ma l'organizzazione e il dinamismo degli asiatici hanno destato buone impressioni.
I nipotini della squadra guidata da Hiddink alla semifinale del 2002 sembrerebbero avere intenzioni serie.
Subito dopo vengono gli azzurri di Lippi, nonostante qualche errore di formazione commesso dal c.t (prontamente corretto in corsa); ma una Nazionale definita in partenza "sperimentale" ha rivelato una sua identità e uno spirito degno del blasone che difende.
L'Italia affrontava l'avversario più forte fra quelli incontrati dalle favorite nella gara d'esordio, ha creato poco ma ha subìto ancora meno.
Sulla stessa lunghezza d'onda il Brasile, che ha avuto ragione dell'altra Corea, ma dopo più di un tempo di sterilità e numeri fini a se stessi, fino a quando prodezze personali hanno nascosto la profonda crisi di giocatori fondamentali, Kakà su tutti.
Non è piaciuta, nonostante il 2-0 ai danesi, l'Olanda, per larghi tratti ingabbiata dagli uomini di Olsen e a segno più casualmente che per meriti del tradizionale gioco brillante, che non si è visto se non in alcune iniziative del giovane Eljero Elia, esterno dell'Amburgo dotato di grandi qualità.
Meno bene l'Inghilterra, alle prese con guai fisici di alcuni elementi fondamentali (problema comune anche all'Italia) e in difficoltà contro gli ottimi USA indipendentemente dalla papera di Green, portiere tanto imbarazzante sul gol del pareggio americano quanto bravo e fortunato nell'occasione avuta da Altidore nel finale.
Provocazione: resta da valutare anche l'attitudine del Capello post-Milan alle gare da "dentro o fuori", profondamente diverse dalle "gare a tappe" nelle quali il tecnico di Pieris è Maestro assoluto.
Don Fabio nelle manifestazioni ad eliminazione diretta o di breve durata non raggiunge una finale dal 1998 (Coppa Italia, Lazio-Milan, vittoria dei capitolini) e non vince dal 1994 (la fragorosa finale di Atene contro il Barcellona di Cruyff).
Noiosa la Francia contro l'Uruguay, e le critiche piovute su Domenech (anche da Zidane, che purtroppo per il ct francese non è più in campo) la dicono lunga su un ambiente che pare tutto fuorché tranquillo: per i galletti non sembrano esserci le premesse per ripetere la brillante cavalcata del 2006.
Infine, impalpabile la Serbia sconfitta dal solido Ghana (forse l'africana meglio assemblata), menzione per un Cile sprecone contro un Honduras davvero limitato, e giudizio sospeso per Portogallo e Costa d'Avorio che si sono equamente divise la posta senza grandi squilli di tromba.
Queste squadre, dalla Francia in poi, sembrano destinate ad un ruolo marginale.
La sorpresa negativa è la sconfitta della favorita annunciata, la Spagna campione d'Europa che, con un mix di presunzione e narcisismo, si è fatta mettere nel sacco dalla Svizzera del vecchio marpione Hitzfeld, uno che, è bene non dimenticarlo, ha vinto campionati nazionali e coppe dei campioni con squadre diverse.
C'è tutto il tempo per rimediare, ma la figura rimediata dalla seconda squadra del ranking FIFA contro la 24esima in graduatoria è già sufficiente per far capire lo spirito con il quale la spedizione di Del Bosque ha affrontato l'appuntamento atteso e "puntato" da due anni.