Un Melo nel deserto

meloNella giornata dello stadio semi-vuoto e dell’annunciata (e avvenuta) contestazione, pacifica ma rumorosa, che si è tenuta all’esterno dell’impianto, la Juventus torna a vincere una partita di campionato. Per una volta nessun record battuto, ed è già una notizia. Anche se, a voler essere sinceri fino in fondo, la vittoria ottenuta di nervi nel finale non cancella la solita impressione di Juve molle, svagata, senza morale né attributi. Per larghi tratti l’Atalanta ha in mano la partita, e i bianconeri subiscono l’organizzazione di una squadra ora a 4 punti dalle posizioni che valgono la salvezza. Era già successo con le altre pericolanti incontrate dalla squadra di Zaccheroni nell’ultimo periodo, caratteristica ereditata dalla gestione Ferrara; e i bergamaschi nel primo tempo hanno il demerito di non concretizzare un paio di contropiede, uno finalizzato da Tiribocchi sul quale è bravo Manninger, l’altro per un “dai e vai” chiuso, fortunatamente per Cannavaro e soci, in modo maldestro. E, ripetiamo, era Juventus-Atalanta, una partita definita “classica” dal sito della Newventus, quando in tempi più consoni ai rispettivi blasoni i termini per definire questo match erano “succursale” (gli orobici) e “interlocutore privilegiato” (i torinesi).

Solito gol casuale, frutto di una prodezza da fermo di Del Piero e null’altro fino al mini-forcing finale che porta i tre punti. Il resto è Atalanta, pericolosa più volte anche nella ripresa dopo il pareggio di Amoruso avvenuto grazie all’ennesima amnesia difensiva (e sono 44 i gol al passivo in campionato, solo in cinque hanno incassato di più) ma non in grado di tradurre la maggior convinzione in gol. Da parte juventina, col senno di poi, l’infortunio di un, al solito, impalpabile Diego, assicura un minimo di verve in più grazie all’ingresso di Giovinco che, pur con tutti i suoi difetti e i suoi limiti fisici ha il gran merito di provarci sempre e comunque e che, fra un’arrancare e un dribbling fortuito, è l’unico a provare qualcosa di serio. E i compagni lo capiscono e lo cercano di conseguenza come un'oasi nel deserto. Altrove, notte fonda, e i fischi dello sparuto pubblico presente (gratificato all’uscita dal coro degli ultrà con un generoso: ”chi è entrato è un pezzo di merda!”) mirano Zebina, un Melo nemmeno in campo e in generale un po’ tutti quanti. Vengono risparmiati solo Trezeguet (applaudito al momento di lasciare il campo ad Amauri, lui invece fischiato) e Del Piero, anni 35 e mezzo ma ancora col piede caldo da fermo, mentre su azione non riesce a superare più neppure un palo di cemento. A proposito del gol del capitano: coloriti e fantasiosi i festeggiamenti visti in tribuna ad opera del “clan” del numero 10 (tante palette col numero 10, stile gara votazione gara di pattinaggio) ma, come mi ha scritto un amico via sms: “sembrano i familiari di un infermiere che festeggiano il loro caro riuscito nell’intento di applicare una flebo ad un malato in gravi condizioni…”. Espressione un po’ cruda, in realtà, ma che rende l’idea di cosa sia questa Juventus: un malato grave che reagisce di nervi nel finale e trova il gol della vittoria con l’uomo che non ti aspetti: Felipe Melo, il quale reagisce da uomo, chiedendo scusa, per i noti fatti recenti, allo stadio intero e alla curva Nord in particolare.

Una curva semi vuota, come del resto anche la Sud, con i tifosi assiepati all’esterno ad esporre striscioni e ad intonare slogan contro i giocatori e la società. Il volantino distribuito prima della partita chiamava in causa la proprietà, rivendicando il concetto “La Juve siamo noi!” ma i bersagli preferiti sono stati certi giocatori (quali, lo sappiamo), il ds Alessio Secco e il presidente “trino” Blanc. A nostro parere, è il momento di pretendere il bene della Juve in modo incisivo ma pacifico (totale solidarietà a Zebina per lo schiaffo ricevuto in mattinata), insistere sulle proprie posizioni e non farsi abbindolare da uno striminzito risultato contro la terzultima in classifica. E magari dare spazio all’ironia come si è visto in tribuna: “Ho un sogno: Blanc all’Inter”. Nella speranza che un sogno possa presto diventare realtà e non riguardi solamente i quadri dirigenziali.

Love Juventus, hate Elkann.

 

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