La solita brutta Juve avanza in Europa

sissokoNiente feste a Roma, almeno per quanto riguarda l’Europa, per quest’anno. L’Imperatore Claudio, che in Italia vanta una serie aperta di più di venti risultati utili consecutivi, deve rinunciare ai propositi della vigilia, nella quale si era sbilanciato in un auspicio quanto mai inopportuno: riportare una Coppa europea a Roma dopo 50 anni. Invece passa il Panathinaikos, andato sotto per primo come all’andata e alla fine vincitore con lo stesso identico punteggio conseguito ad Atene. All’Italia resta la Juventus, unica qualificata in Europa League, che l’11 e il 18 marzo affronterà il Fulham, che ha estromesso i campioni in carica dello Shakhtar Donetsk.

Non c’è molto da esaltarsi per il modo in cui la Juventus ha ottenuto la qualificazione: confusione, pasticci, idee praticamente inesistenti e quindi spazio all’improvvisazione dei singoli, senza un registro, senza una minima traccia, anche casuale, di gioco. Zaccheroni non ha ancora perso dal suo arrivo, per la prima volta non prende gol e può sempre contare su Giorgio Chiellini, unico pilastro sano ed affidabile di tutta la squadra: i lati positivi della serata finiscono qui. A proposito di infortunati, ecco servito il 54esimo guaio di stagione, Amauri, che dopo un quarto d’ora si tocca la coscia e saluta la compagnia. Juve pericolosa solo su calci d’angolo, che portano ad un palo di Sissoko e a due salvataggi sulla linea di porta olandese, ma incerta in retroguardia con Manninger da brividi sulle valutazioni delle traiettorie in un remake del famoso gol subìto da Ledesma a gennaio dello scorso anno. Attorno al portiere austriaco, Chiellini a parte, “pascolano” Legrottaglie, alle prese con la cronica paura di esporsi a figuracce (e quindi, nel dubbio, meglio non intervenire mettendo in difficoltà i compagni), Grygera sistematicamente in balìa di Vertoghen, e De Ceglie, discreto in appoggio nel primo tempo, ma attaccato sulla sua fascia e messo alla berlina dalla coppia Van der Wiel-Eriksen, quest’ultimo classe 1992, con la personalità di un leader. Melo non conferma la buona gara di Bologna e a tratti ritorna nella versione “horror”, con i soliti difetti, indisciplina compresa, fattore che gli vale una legittima ammonizione per proteste, peraltro accolta con una sciocca quanto infantile (e soprattutto rischiosa) risata di scherno all’indirizzo dell’arbitro. Una sanzione “pesante” quella ricevuta dal brasiliano (che salterà il prossimo turno: forse è meglio così) in un frangente nel quale non c’entrava minimamente. I rientranti Trezeguet e Camoranesi si vedono poco, ma almeno garantiscono turnover... all’infermeria! Del Piero non regge tre partite alla settimana e Diego ancora meno: il brasiliano non è sereno, sbaglia controlli elementari e, nonostante l’impegno, di lui impressiona la difficoltà nel guadagnare metri sugli avversari: gli altri corrono, lui sembra pattinare. Minuti nelle gambe per Sissoko, salito in cattedra nel momento migliore della Juve (l’ultima mezz’ora del primo tempo), ma pasticcione nella restante frazione di gara.

L’Ajax è una bella squadretta di giovani promettenti (Eriksen su tutti), ma come tutte le squadre inesperte pecca di furbizia e manca di mestiere. Sul piano del gioco, il modulo che ad Amsterdam si insegna a memoria dai pulcini fino alla prima squadra garantisce la solita manovra organizzata, con la quale i ragazzi di Jol mettono in difficoltà avversari che di organizzato hanno ben poco. Ma occasioni realmente pericolose, in una serata in cui per giunta manca l’elemento di spicco (Suarez), nemmeno l’ombra. Van der Wiel, accostato nei giorni scorsi alla Juve, si vede poco e al riguardo sembra difficile giustificare le richieste dei lancieri (15 milioni) che, stando alle parole di Piccinini, avrebbero rispedito al mittente l’offerta di 10 milioni avanzata dal Manchester City. Aver eliminato una squadra così acerba e immatura, pur avendone subìta la pressione per almeno tre tempi su quattro, non é motivo di gran vanto.

Ora arriva il Fulham, club storicamente famoso per essere il più antico di Londra (con lo stadio calcisticamente più romantico del Mondo, il Craven Cottage) e, in epoche più recenti, perché é la squadra del cuore di Hugh Grant, allenata dall’ex “collaboratore” della Gialappa’s Roy Hodgson. Vediamo se riusciamo a complicarci la vita anche con questi avversari, attualmente intruppati a metà classifica nel gruppone di chi non ha nulla da chiedere al finale di stagione, se non qualche soddisfazione da prendersi giocando qualche scherzetto ad avversarie più attrezzate. A giudicare dalla situazione attuale, la Juve non dovrebbe far molta fatica a complicarsi la vita contro una rivale sulla carta decisamente abbordabile.

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