Prima gioia per Zac. Ma non c'è da illudersi

zaccheroniTrentanove giorni dopo l’ultimo successo in campionato (Parma-Juve 1-2), 2 mesi e 9 giorni dopo l’ultima vittoria a Torino (Juve-Inter 2-1), la Juve torna a vincere una partita di campionato, regalando il primo successo a Zaccheroni. Il rimaneggiato Genoa di Gasperini (2 punti nelle ultime 7 trasferte, ultimo successo a Bologna il 4 ottobre 2009) si presenta a Torino appaiato in classifica ai bianconeri e con il piglio della squadra sicura del fatto suo. Impressionano la tranquillità e la facilità con cui i rossoblu riescono ad arrivare dalle parti di Buffon con pochi e rapidi passaggi: al contrario, la Juventus, ancora col 3-4-3, si limita ad uno sterile possesso palla che non porta a nulla.

La manovra juventina si addensa a centrocampo per via dei troppi portatori di palla e dei doppioni che si pestano i piedi. Del Piero (da oggi recordman assoluto di presenze in Campionato con la Juve) e Amauri giocano entrambi da prime punte senza smarcarsi mai; Candreva soffre Diego, che rientra come al solito a centrocampo rendendo nulla la presenza dell’ex livornese, di fatto un altro trequartista. L’altro centrale, Sissoko, frenato da compiti di impostazione, ricorda un Felipe Melo ugualmente pasticcione ma più reattivo, da salvare perché, a differenza del brasiliano, ad ogni palla persa quasi sempre corrisponde un recupero. Meglio la ripresa quando, al posto di Candreva, al fianco del maliano c’è Marchisio, insostituibile in questa squadra per la sua duttilità. Gli esterni, Caceres e De Ceglie, fanno bene quando occorre esibire vigore fisico, ma quando serve qualità, azione dell’1-1 a parte, lasciano a desiderare.

Inevitabile il gol subìto, annunciato poco prima da un palo e da un’altra occasione creata dal Genoa, e nulla smuove la partita fino alla bella (e fortuita) azione di Caceres, conclusa con un cross lento e prevedibile sul quale mezza difesa ligure, portiere compreso, dorme, lasciando a colui che indossa la maglia ereditata da Nedved (e che fu di Bettega) la possibilità, almeno per una settimana, di far parlare di sé per il suo lavoro e non per questioni extra-calcistiche. Troppa grazia, forse, perché a fine gara il “bisunto” si fa male, andando ad aggiungersi alla già chilometrica lista infortunati.

La ripresa parte con una Juventus più convinta, che preme e trova il vantaggio grazie alla caparbietà di un Del Piero fino a quel momento irritante per staticità e lentezza di riflessi. Il capitano ruba palla a Criscito (lasciamolo a Genova, please) e, anche se il genoano riesce comunque a rinvenire e a toccare palla, non fa che avviare l’”uno-due” con Diego, bravo di tacco a servire Del Piero che fredda Amelia da pochi passi. Ma non è finita qui, perché nella collezione degli orrori stagionali mancava quello più evidente, quello del portiere della Nazionale che risponde come un Muslera qualsiasi ad un destro innocuo di Mesto, circostanza che favorisce il tap-in di Marco Rossi, migliore in campo e al terzo gol in due giornate.

L’immagine della reazione di Buffon é imbarazzante: la disperata invocazione al direttore di gara per reclamare un improbabile fallo subìto lascia immediatamente posto ad una serie di smoccolate che piaceranno sicuramente ad Abete, Petrucci e amici vari... Per fortuna della Juve, la “stella arbitrale” sembra funzionare meglio rispetto al passato e, dopo quello con la Lazio, un altro rigore procurato da Del Piero fa gridare “gobbi ladri!” agli avversari e permette alla Juventus di ritornare a vincere.

Non abbiamo memoria, negli anni in cui si favoleggiava della cosiddetta “Cupola”, di episodi così favorevoli (e ravvicinati nel tempo) alla Juventus. Ma adesso la Juventus non dà fastidio e si allinea al gregge in campo e fuori, quindi tutto passa in cavalleria? Il sospetto che sia davvero così è forte.

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