Crolla l'ultimo alibi. Ma quanto si allarga l'Inter...

diegoNove sconfitte nelle ultime dodici partite. Ora basta. Il Ferrara che ieri inviava alla Juventus messaggi d’amore e rispetto, “comunque vada”, non può essere lo stesso che piange davanti alle telecamere per un dubbio fuorigioco di Milito non fischiato 40 secondi prima della punizione che origina il pareggio di Lucio. Questa è roba per loro, per gli interisti intendo. Ma su questa “razza” particolare (gli interisti appunto) tornerò più avanti. Adesso mi interessano la Juventus e i suoi tifosi, che da stasera, 28 gennaio 2010, prendono ufficialmente atto del fallimento totale ed assoluto del projettò di Jean-Claude Blanc. La Coppa Italia era, per quei pochi che osavano ancora credere alle favole, l’ultimo baluardo cui il Trino avrebbe potuto aggrapparsi. Niente da fare. Due scudetti sottratti e una serie infinita di figure di merda (cit. Giorgio Chiellini) rappresentano il bilancio del quadriennio targato Jean-Claude Blanc, la cui gestione prosegue con il solito “zero” alla voce “successi”, se proprio non vogliamo aderire al pensiero espresso da Paolo Rossi, il baffetto pelato di Juvechannel, quello che ebbe il coraggio di sostenere che la Juve ha vinto il campionato di quattro anni fa. Quello di serie B.

L’emblema di questa gestione sta tutta nelle due sconfitte maturate negli ultimi cinque giorni, ottenute in maniera speculare: un inizio appena decente giocato alla pari con l’avversario; l’illusione del vantaggio trovato in circostanze casuali (prodezza di Del Piero con la Roma, omaggio di Toldo a Diego stasera) e mantenuto a tratti con affanno fino all’inevitabile crollo finale, con il rivale di turno che chiude i conti allo scadere. Nel mezzo ci sono da salvare solo la volontà e la tecnica di un Diego che cresce, e ci sarebbe stato da elogiare Grosso se non avesse vanificato una buona gara difensiva con la metamorfosi in bella statuina nell’occasione del gol che ha chiuso i conti. E alla solita grinta guerriera di Chiellini, cui il palo ha negato la gioia del gol che avrebbe quasi certamente voluto dire qualificazione, aggiungiamo la visione di gioco e l’abilità nel fraseggio di un Candreva confinato sulla destra, quindi dimezzato (chi l‘ha prelevato sapeva in che ruolo giocava? Era il giocatore ideale o era meglio reclutare un esterno?). Il resto è poco o nulla. Resta un Melo dal Q.I. calcistico di una cavia, col suo ostinato prendersi a spallate con chiunque (è calcio, non wrestling, Felipe...) tra un lamento e un'arrabbiatura in direzione dell'arbitro. A gioco in corso. Resta un Cannavaro mascherato in tutti i sensi: per proteggere il "regalo" ricevuto da Granoche e per confondere i più distratti che l'uomo mascherato e il memorabile difensore che fu siano la stessa persona. Resta un Amauri solo e abbandonato, ma al quale un’iniziativa personale, ma che dico, un controllo di palla degno di tal nome non riesce nemmeno per scherzo. Resta l’imbarazzo nei confronti di chi, pur con pochi effettivi a disposizione e malgrado la sfortuna (stavolta il “prescelto” è Sissoko) lascia in campo un uomo seppur importante limitato al 30%, regalando di fatto la superiorità numerica a chi non ne ha bisogno, con l’aggravante di rischiare di perdere il giocatore a lungo. Evidentemente Ciro stasera non ha pensato alla Juve, non ha dimostrato tutto questo amore e questa lealtà manifestati non più tardi di ieri: ha pensato solo a se stesso e se l’è giocata con chi ha ritenuto di spremere fino all’ultima goccia. Tanto il prossimo infortunato sarà un problema di qualcun altro.

Ora ai piani alti facciano quello che vogliono, nemmeno Benitez in questo momento potrebbe farci granché. Diciamo solo che una società seria quando vuole una cosa la ottiene. Ma la casistica insegna che non è il caso di questa Juve. Lasciamo perdere. Come lasciamo perdere gli onestoni, giunti all'ennesima recita imbarazzante, a conferma che le cose sono pulite e regolari solo se vincono loro. E' sempre stato così e la storia di questa gente va di pari passo con aspetti che col calcio giocato non c’entrano nulla: dal compromesso Colombo alle Primavera schierate per protesta, dalle lattine ai sassi nell’antistadio fino a Calciopoli. L’intimidazione cui la panchina nerazzurra ha sottoposto la quaterna arbitrale a fine primo tempo, gli sguardi feroci e assatanati del tecnico portoghese e del suo staff all’indirizzo degli ufficiali di gara fanno tornare in mente certi commenti che si facevano a proposito di certi tornei dell'Est europeo negli anni Ottanta, in particolare sul campionato rumeno, quando le squadre care al regime di Ceausescu dovevano vincere ad ogni costo. Poco importa che quello di Melo fosse decisamente rigore, non è accettabile che l’allenatore più pagato d’Europa faccia sistematicamente la figura della scimmietta da circo e gridi sempre al complotto anche quando vince, per l’occasione con la gentile connivenza di (nell’ordine): Civoli, Bagni, Thomas Villa, Beccalossi, Mazzola e Cerqueti; tranne l’ultimo, romanista, il servizio pubblico stasera era “leggermente” (sic) schierato dalla parte di chi sappiamo. Vergogna. “Non è Mourinho che vuole il rigore, è la storia del calcio che vuole quel rigore”, ha detto piangin one a fine partita; è incredibile che si tratti della stessa persona che solo qualche giorno fa negava le evidenze contro Chievo e Siena. In quei momenti la storia del calcio era andata in vacanza? Ti voglio dire una cosa a titolo personale, Mourinho: hai stufato, tu e tutto il tuo popolo di piagnoni. Hai detto: “Il vostro calcio è questo, io me ne andrò e il problema resterà a voi”. Sinceramente mi pare che le cose, da quando sei arrivato tu, siano parecchio peggiorate, almeno a livello di tensioni. Ah, un consiglio: manda il tuo giocatore italiano di colore da un buon ortopedico. Si sa mai che riesca a trovargli una soluzione per mantenere l’equilibrio anche solo per camminare. Come le persone normali.

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