Tutti a casa alé

blanc seccoUna partita mediocre tra due squadre mediocri di solito finisce in pareggio. Ma quando una delle due è rinfrancata da una serie positiva e da una stabilità tecnica, mentre all’altra questa stabilità tecnica rimane tuttora sconosciuta, è facile prevedere che la tranquillità milanista prevalga sulla depressione e sulla precarietà che domina in casa Juve. Non inganni il risultato finale, numericamente esagerato ma determinato da episodi maldestri e fortuiti, almeno per quanto riguarda i primi due gol: Milan e Juventus sono indebolite rispetto alla scorsa stagione, e non lo diciamo da oggi. Inutile che la stampa tenti di creare un presunto duello tutto milanese: baggianate.
L’imperfetta Inter vista ieri sera non dovrebbe avere grossi problemi a chiudere con buon anticipo il discorso scudetto. La partita di stasera è però fondamentale per la Juventus, perché sancisce definitivamente il fallimento del “projettò” di Blanc. Potrebbe pagare Ferrara che, se di qualcosa può essere accusato, è l’incapacità di guidare il gruppo con il necessario carisma e la necessaria autorevolezza. E non è un fattore marginale, per un allenatore. La fiducia, il carattere, ecco che cosa non è riuscito a dare Ferrara, valori che sarebbero determinanti in un momento come questo, per una squadra che per l’ennesima volta conferma limiti tecnici.

La Juventus la sua partita l’ha fatta, per quelli che sono i suoi uomini attuali; ha messo sul prato agonismo e generosità, di più adesso non può e non riesce a dare. Che poi si vedano errori elementari, fa tutto parte di un momento inevitabilmente figlio di una programmazione sciagurata, che ha avuto la sua genesi mesi (se non anni) addietro e in luoghi che con il terreno di gioco c’entrano poco. Siamo alle solite, siamo qui a puntare il dito verso una dirigenza incompetente che, oltre a fallire sistematicamente il mercato, non è in grado di gestire un club come la Juve. Perché se Ferrara può aver creato confusione nel gruppo, combinando e scombinando sistemi di gioco nel peggior stile Tinkerman, è anche vero che nessuno di questi moduli è riuscito a risollevare dal torpore i pezzi pregiati del roboante mercato estivo “do Brazil”. Se riassumiamo solo l’ultimo anno (vogliamo aver pietà, stasera), i brasiliani sono un flop clamoroso, anche se su Diego si può e si deve lavorare in questo ruolo: possibilmente senza rimetterlo in competizione con Del Piero, e i primi a capirlo devono essere i tifosi, con tante grazie al Capitano, ma è ora di finirla perché, entrato lui, il pur non trascendentale numero 28 (comunque l’unico a tentare qualcosa nel deserto) è sparito del tutto. Questo è uno dei primi equivoci da risolvere, in campo e nello spogliatoio. Chi ha orecchie per intendere intenda.

Quanto a Melo, se ne sono scritte e dette tante su di lui, personalmente mi sono stufato di ripetere le solite (brutte) cose, e l’unica cosa che mi sento di suggerire è di tenerlo lontano dal campo di gioco. Anche stasera il brasiliano presuntuoso è stato determinante; la perla sul primo gol è qualcosa che mancava al suo finora già inguardabile repertorio, cui adesso manca solo di prendere palla e battere il proprio portiere volontariamente. Mettetelo in naftalina e preparatelo per la Seleçao cui tiene tanto, e stiamo sereni che in Sudafrica uno così non trionfa di sicuro. Amauri, il terzo brasiliano arrivato con un anno d’anticipo, è come lo spaventapasseri delle favole: brutto e ridicolo e non spaventa nessuno.

Caro Monsieur Blanc, caro Secco, è ora che vi prendiate le vostre responsabilità e salutiate la compagnia, possibilmente in silenzio, confermando la buona abitudine che pare essere stata introdotta da quando è arrivato quel signore cui in tempi passati revocaste persino il posto macchina. E’ da lui e da altri professionisti che bisogna ripartire: da voi, cari Blanc, Secco (senza dimenticare Fassone e Gattino) ci aspettiamo la prima mossa decente di questi tre anni: le dimissioni in blocco. Poi, ci metta la faccia John Elkann. Se ne ha voglia.

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