Indegnamente Juve

amauriSe avessi scritto di getto avrei probabilmente ricevuto un giusto veto alla pubblicazione, tanta era la volontà di riempire di insulti tutto il mondo bianconero.

Un mondo che si scopre tutto d’un tratto sbeffeggiato da chiunque capiti ad affrontare questa povera squadra, emanazione di una altrettanto povera società.
Non c’è molto da dire che non sia stato già detto tante, troppe volte.
Ormai è un classico di questa Juve agonizzante, di questa Juve che non ci stanchiamo di seguire perché quei colori ce li abbiamo nel sangue, ma che non riconosciamo più.
Una Juve che non fa più paura a nessuno se non a se stessa, che ritrova il bianconero, ma forse sarebbe meglio continuasse ad indossare quel pigiama grigio come l’umore dei suoi tifosi.
Ma anche una maglia verde-arancio, marrone-celeste o nerazzurra va bene.
Anzi, forse quella nerazzurra con una bella scritta “ante 2006” sarebbe la maglia più azzeccata per questa squadra e per questa società.

Sembra una strategia, una strategia creata ad arte per arrivare a far odiare la Juventus dai suoi stessi tifosi, farli disamorare e disinteressare della propria squadra e di quello che ha sempre significato e non è più.
Non c’è niente da salvare, ed ogni juventino che abbia coscienza e voglia bene alla Juventus non può nascondere la testa sotto la sabbia, come i tanti marziani (nel senso di gente piovuta da altri mondi) che pullulano fra dirigenza e proprietà vorrebbero.

Basta, restituiteci la Juventus e andatevene tutti al più presto portandovi dietro questa brutta, triste, pavida “cosa” senz’anima.
L’anima è lo scrigno nel quale si custodiscono i sentimenti, le sensazioni più vere quali la passione, l’orgoglio, il carattere e il senso di appartenenza.
La Juventus è soprattutto sentimento, ed è una cosa che non può nascere da un giorno all’altro.
E’ una cosa che ce l’hai o non ce l’hai.
E ad avercelo, in questa “cosa” sono davvero in pochi.

Una “cosa” che ha preso il testimone di società perdente in Italia e in Europa dalla vecchia Inter, l’ossessione attuale di tutti coloro i quali gravitano tra Corso Galileo Ferraris e Vinovo, cui sta riuscendo l’impresa di perdere in tre anni e mezzo quanto gli antichi rivali hanno fatto per un secolo.
Un allenatore impresentabile che davanti ai microfoni ha il coraggio di appellarsi al “rigore su Amauri”, manco fosse l’allenatore dell’Inter.
Un allenatore che subisce in quattro giorni due schiaffi senza reagire, sbagliando formazione a Bordeaux e non riuscendo ad impostare un’azione degna di questo nome in tutto un pomeriggio.
Come avveniva fino al 2006 all’Inter.
Un allenatore che continua nel solco tracciato dal suo predecessore, che aveva battuto quasi tutti i record (ovviamente negativi) facendosi battere da avversari in circostanze che non si verificavano dalla notte dei tempi.
Tipico della storia dell’Inter.
Un allenatore che manda addirittura in tribuna 25 milioni, dichiarando di fatto sbagliata la scelta all’origine (ma si sapeva già): e nessuno grida allo scandalo come converrebbe.
Un classico che eravamo abituati a registrare dalle sponde nerazzurre.
Un allenatore che tra rombo, trapezio e triangolo isoscele non ci ha ancora capito nulla, ma con qualunque schieramento le busca da chiunque rimanendo inebetito in panchina senza sapere cosa fare.
Come tutti gli allenatori dell’Inter fino al 2006.
Un allenatore che viene accusato ciclicamente di non dare un gioco alla squadra dall’erede di Zavarov o Miccoli, quel tale che si dimena per il campo con le movenze di una statuetta da carillon per bambini, che di nome fa Diego Ribas da Cunha e che di suo è bravo con le parole (e le parolacce) indirizzate a compagni e avversari. Ma gesti tecnici risolutivi, nemmeno a sognarne, alla faccia del costo del suo cartellino e dello stipendio.
Come faceva Recoba con tutti i suoi allenatori.

E cosa dire del brasiliano da naturalizzare, che fosse per me filerebbe dritto a “Uomini e donne”: tanto premuroso nel curare il proprio look, quasi si preparasse ad una notte in discoteca e non ad una partita di calcio (come il suo connazionale Adriano negli ultimi periodi di Inter), quanto inconcludente, imbarazzante e deprimente nello stare in campo..
E pure il grande Gigi Buffon di questo inizio di stagione, uno dalla proverbiale lingua lunga con argomenti a 360°, si mette a lavare i panni sporchi in pubblico e immediatamente piglia un gol dalla trequarti.
Come se avesse la maglia nerazzurra addosso.

Di questa squadra si salvano solo l’impegno di Caceres e la grinta di Chiellini, uno che se fossimo in lui ci daremmo malati o ci inventeremmo un infortunio.
Tanto, uno più o uno meno, cosa pensate ne possano capire i responsabili sanitari di questa società?
Il livello è quello, squadra mediocre, allenatore mediocre, staff medico ancora peggiore e società indefinibile.

Certo è che i tifosi juventini e i piccoli azionisti devono fare qualcosa, perché certi personaggi devono finirla di annebbiare le menti dei tifosi creduloni con i continui proclami sullo stadio nuovo rivendicato come frutto del loro lavoro, ma in realtà ereditato dal lavoro del dottor Giraudo, il miglior dirigente che il calcio italiano abbia mai avuto.
Bisogna mettere con le spalle al muro i dirigenti di questa “cosa informe”, bisogna sbattere loro in faccia la realtà del loro ridicolo “progetto” quinquennale giunto ormai agli sgoccioli, un piano che per la prima volta nella storia della Juventus ha visto togliere due titoli invece di aggiungerne, un fatto senza precedenti, un piano contraddistinto da una sequenza impressionante di fallimenti e sprechi che con la storia della Juventus non c’entrano nulla.
Fino all’avvento di costoro, portatori di batoste umilianti, disillusioni puntuali e vergogne assortite, incaricati di rivestire cariche che furono di dirigenti di spessore eccellente, gente, i primi, piazzata in quei posti non certo per meriti guadagnati nel mondo del calcio.
Questi signori sono riusciti dove le più rosee aspettative dei nemici (sì, nemici, non rivali) nemmeno avrebbero osato spingersi, hanno ribaltato la storia, rendendoci ormai succubi di avversari da sempre abituati a guardare con il naso all’insù e il fegato devastato dall’invidia perché, osservando la classifica, già a novembre non vedevano più la Juve nemmeno col binocolo.

Dobbiamo pretendere meno chiacchiere e più fatti, meno simpatia e più lavoro, meno improvvisazione e più competenza.
Da parte di tutti, dal c.d. proprietario fino all’ultimo dei magazzinieri.
I tifosi che amano la Juventus meritano rispetto, gli attuali responsabili non meritano nulla.
Perché non amano la Juventus, non la “sentono”.
Per loro è solo un asset, un modo per farsi belli convincendosi di meritare di farne parte, uno sportello Bancomat dal quale ricavare ogni mese uno stipendio milionario.

Finché non recupereremo passione e storia, non saremo a posto con il nostro passato e non potremo mai pensare al futuro.
E vista la loro ossessione per tutto ciò che è Inter, facciamo contenti questi signori e chiudiamo interistizzandoci pure noi un po' e prendendo a prestito una frase comparsa su un vecchio striscione esposto nella curva degli eterni perdenti, rimasti tali fino a quando non sono arrivati questri nefasti personaggi a prenderne il posto.

La frase è: “Non sappiamo più come insultarvi”.

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