Un altro "brodino" per la Juve

amauriIl “superturnover” che l’innominabile portoghese, subito dopo la partita di rara bruttezza giocata dalla sua squadra a San Siro ieri sera, ha dichiarato di non poter effettuare viene invece azzardato da Ferrara.
Ciro avrà pensato: quale occasione migliore di un match contro la penultima della classe, una squadra che non segna dal 27 settembre e che prima di oggi aveva ottenuto la miseria di una vittoria (era ancora agosto...) e tre pareggi in otto partite?
Potrebbe rappresentare un ostacolo serio un gruppo indebolito dalle partenze di Kharja, Portanova e Galloppa, pilastri delle precedenti, brillanti salvezze?
A giudicare dai valori in campo sembrerebbe di no, ma in realtà questa Juventus in tono minore è in grado di far fare bella figura a tutti.
Anche questo Siena, serissimo candidato alla retrocessione, una squadra che per tutto un primo tempo di noia assoluta, una noia spezzata in tempo di recupero con la penetrazione verticale dell’ottimo Ekdal (l’occasione più nitida creata da ambo le parti in tutti i 90 minuti, sulla quale Buffon risponde da campione), tiene sotto scacco una Juventus senza idee e mordente.
La catena di sinistra, composta dalla coppia Molinaro-De Ceglie è agghiacciante per carenze tecniche e di personalità, mentre dalla parte opposta Grygera è chiamato a supportare un Poulsen schierato al posto di Camoranesi; al di là della stramberia della soluzione, il danese evidenzia i prevedibili limiti tecnici, anche se sul piano dinamico è forse il migliore nella prima frazione (ed è una notizia preoccupante...).
Lo stravolgimento di formazione operato da Ferrara tra intervallo e inizio ripresa (Caceres per il ceko e l’insostituibile, ad oggi, Camoranesi per Molinaro, con arretramento di De Ceglie e spostamento di Poulsen a sinistra) mescola le carte, ma non risolve nulla all’atto pratico.
Nota positiva, la ridotta tendenza di Melo a tener palla in zone pericolose (solo un episodio oggi, peraltro veniale) e una migliore attitudine a badare al sodo.
Almeno questo è un passo avanti.
Dietro, la coppia centrale odierna (Legrottaglie- Chiellini) rischia meno di altre volte, ma le credenziali dell’avversario di oggi non rendono il test attendibile.
Poche cose buone da Diego, autore di una sola bella cosa, un’apertura per Molinaro sprecata malamente dal terzino campano (in versione “il peggio di”), per il resto alcune aperture alla Poulsen e una tendenza ad arretrare e a rallentare il gioco, portando troppo palla senza decidere cosa farne.
Ferrara dovrebbe fare anche a lui un deciso discorsetto (lo stesso che a naso dev’essere stato fatto a Melo) su un concetto che i brasiliani tendono per indole a misconoscere, quello secondo il quale la palla corre molto più velocemente del suo portatore.
Non può bastare l’abilità nei calci piazzati (da cui scaturiscono il gol e il palo colpito da Amauri) per giustificare una squadra costruita totalmente attorno a Diego.
Legato a questo aspetto è il fondamentale che sembra mancare di più a questa Juventus: l’intelligenza, l’incapacità di giocare di squadra in modo armonico ed organizzato.
Ogni volta in cui la palla giunge ad un effettivo, sembra che costui debba incaricarsi di una missione personale indipendente dal resto della squadra.
Come se tutto fosse legato all’improvvisazione del singolo, senza un minimo di gioco e idee, nessun tipo di organizzazione.
E senza organizzazione è dura servire Trezeguet, che comunque mostra di essere in ottima condizione partecipando parecchio alla manovra, anche in ripiegamento, mentre il compagno di reparto odierno Amauri, pur litigando col pallone come da copione, ha come merito quello di creare l’occasione più pulita della partita della Juventus (il palo) e poi quella che la risolve (il suo secondo gol consecutivo, il terzo totale nell’anno solare).
Tre punti in campionato dopo più di un mese, che seguono i tre punti ottenuti mercoledì in Champions League, due “brodini” per una Juventus ancora convalescente e in chiara difficoltà di gioco.
Sono due vittorie da “pesare”, perché ottenute contro una delle sole due squadre di Champions League ancora a quota zero punti e contro quella che da stasera è l’ultima squadra della serie A.
Il test di mercoledì contro la Samp (la squadra che ad oggi gioca il miglior calcio del campionato) sarà di tutt’altra consistenza.
Di certo sarà contento Blanc, che almeno parzialmente eviterà la contestazione emotiva degli azionisti che martedì 27 all’assemblea (diretta su ju29ro.com) assisteranno all’investitura del manager elkanniano a presidente della Juventus in sostituzione del “presidentissimo juventinissimo” (a suo dire) Giovanni Cobolli Gigli, l’uomo che dall’estate del 2006 ha fatto arrossire molti appassionati bianconeri e che dopo Montali (e Tardelli) è un altro che salutiamo senza rimpianti.
Uno, Cobolli, che si professava juventino da sempre e attaccato ai colori come pochi, uno che appena si avvicina la scadenza del suo mandato è talmente juventino che nemmeno si presenta allo stadio in un momento delicato.
Uno che ha esaurito il suo compito, svolto dietro lauta retribuzione, e che ora può tornare ad occuparsi di altro, possibilmente il più lontano possibile dall’Universo juventino.
Un altro, per citare un celebre Al Capone/ De Niro, solo "chiacchiere e distintivo”.

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