Dopo un mese i tre punti. Ma quanta sofferenza!

chielliniDove eravamo rimasti?
Alla squadra molle, timorosa e svagata che strappò un pari per grazia ricevuta in casa propria contro la Fiorentina.
Ebbene, quattro giorni dopo, l’impressione lasciata dalla Juventus non cambia di molto rispetto a quella destata contro i viola.
Una squadra che parte offrendo occasioni colossali agli avversari ma, se Vargas sabato ne ha approfittato, il Maccabi risparmia la difesa juventina, complice un grande Buffon (decisivo anche nell’imbarazzante finale).
Scampato il pericolo, la Juve alza il livello del ritmo per una ventina di minuti in cui mostra pure qualcosa di gradevole, ma l’autonomia pare essere quella: un quarto di partita minuto più, minuto meno.
E anche quando il predominio territoriale è netto, la Juventus fatica a trovare soluzioni offensive decenti, mentre in fase difensiva c’è sempre una sensazione di precarietà, di improvvisazione, di incertezza.
C’è sempre il timore che qualcosa di negativo possa succedere, e la cosa più grave è che gli uomini in campo sembrano accorgersi di questo, quasi fosse una tassa che prima o poi si dovrà obbligatoriamente pagare.
E la palla scotta, e in pochi si prendono la responsabilità di intraprendere qualche iniziativa.
Ed è ancora più imbarazzante che il finale thrilling avvenga con il Maccabi in inferiorità numerica. Anzi, sembra proprio paradossale, ma la Juventus, proprio dal momento in cui rimane in superiorità numerica, si affloscia all’improvviso, quasi accontentandosi dello striminzito vantaggio contro una delle due sole squadre rimaste a zero punti al giro di boa di questa prima fase di Champions League, insolitamente incerta, equilibrata e soprattutto per nulla noiosa.
La distanza fra i reparti è la cosa che salta più all’occhio in questa Juve: la squadra sembra lunga, nonostante la difesa tenda a rimanere alta, perché il centrocampo risulta troppo sfilacciato per proteggerla: e ad ogni palla che arriva sulla trequarti il portatore di palla avversario ha sempre la possibilità di scegliere agevolmente tra più compagni smarcati cui scaricare l’ultimo passaggio.
Per la precarietà delle coronarie dei tifosi bianconeri...
E questo nonostante alcuni miglioramenti ci siano stati, con la coppia Melo-Sissoko schierata davanti alla difesa, con il maliano, ovviamente non ancora al top, libero in certe situazioni di operare in fase offensiva e il brasiliano (ed è la vera notizia) per una volta esente da colpe, bravo nel giocare al massimo a due tocchi e a tenere la posizione con diligenza.
A Felipe Melo vanno accreditate anche un paio di chiusure che dovrebbero essere la normalità per uno impiegato in quel ruolo, ma che in questo inizio di stagione ancora non si erano minimamente notate.
Peccato per lui che alla prima partita intelligente un’entrata di un certo Tiago Durta (poi espulso per un altro intervento da codice penale) lo costringa ad uscire tra le lacrime e con la solita caviglia malconcia.
Altri miglioramenti li ha portati la rapidità di Giovinco, più incisivo nell’uno contro uno del fiore all’occhiello Diego, il quale ancora non ha convinto, anche se certe aperture e alcuni sprazzi di qualità farebbero propendere per il Diego potenziale campione più che per il Diego buon giocatore e nulla più.
Camoranesi gioca la solita gara generosa e dimostra di essere il solito punto di riferimento, forse l’unico, anche se la tendenza a portare troppo la palla risulta troppo dispendiosa (quanto durerà?) e a tratti pericolosa, soprattutto da quando sulla sua fascia Zebina alza bandiera bianca (ennesimo infortunio muscolare di squadra, ma soprattutto recidiva ormai cronica per lui) e quel bel soggetto di Martin Caceres viene schierato al posto del francese.
Caceres rappresenta probabilmente la cosa più grezza mai schierata sulla fascia destra nella storia degli ultimi 35 anni di Juventus: sempre mal posizionato in marcatura, poco affidabile in fase offensiva, addirittura fa rimpiangere Grygera sul piano tecnico.
A suo credito ci sono il fisico e il gol contro la Lazio; per il resto è notte fonda.

Sempre più chiaro perché la scorsa stagione al Barça l’uruguagio la passò sostanzialmente in panchina anche in mancanza di alternative.
Positive le gare di Grosso e Trezeguet, propositivo il primo e sfortunato in un paio di occasioni il secondo (a proposito: parlando dell’episodio in apertura di gara, quel "rigore o non rigore" trasformato in punizione dal limite, il difensore israeliano non meritava l’espulsione?), e a parte la sbavatura iniziale si comportano ancora bene i centrali, uno dei quali (Chiellini) è stato addirittura decisivo per il risultato finale, per questi tre punti d’oro, che tengono la Juventus in corsa per la qualificazione e contano per il morale di una squadra che da più di un mese non vinceva una partita.
Anche se con l’atteggiamento di stasera, e Ferrara ne è consapevole, sarà durissima già vincere in Israele.
Urgono correzioni di rotta, urge una crescita psicologica e fisica, visto che tutte le squadre finora affrontate in questa prima parte di stagione hanno dimostrato di averne di più in fatto di atletismo e idee.
La situazione del girone è estremamente nebulosa: con la vittoria del Bordeaux sul Bayern la Juventus guadagna la seconda posizione ai danni dei bavaresi e questo la obbliga a far la corsa sugli uomini di Van Gaal: sarà indispensabile vincere a Tel Aviv (lo stadio di Haifa è troppo piccolo): poi battere il Bayern a Torino significherebbe qualificazione matematica, indipendentemente da ciò che accadrà nella trasferta di Bordeaux.
A parole sembra tutto facile, a questa Juventus così com’è oggi servirebbe un’impresa per realizzare tutto questo.

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