Emotivamente Juve!

MeloGiudicare una giocata strepitosa, una palla persa banalmente o una parata decisiva forse viene fin troppo facile da una gradinata ed ancor più semplice seduto su un divano con lo schermo ad alta definizione a 5 metri, ma capire, invece di giudicare, è forse più difficile per tutti, e quasi non interessa.

Stasera, da un'immagine rubata, ho la presunzione di aver capito qualcosa di più su Felipe Melo che, a guardarlo in campo, da l'impressione di potenza assoluta, di enorme sicurezza, la stessa sicurezza che lo induce, sbagliando, a rischiare più del dovuto. Stasera ho la presunzione di aver capito che dietro questo giocatore c'è molto più semplicemente un ragazzo, 26 anni di immaturità, di emotività, 26 anni di gioia, anni che scorrono al fianco di una felicità difficile da contenere per aver raggiunto un grande club, vivendo l'esperienza con trasporto ed entusiasmo: fino a scaldare la folla ad ogni partita, fino a gioire per un goal di un compagno urlando e sbracciando ad occhi sgranati, gli stessi occhi stasera coperti mentre singhiozzava per il dolore in panchina, il dolore della paura, la paura di non poter giocare per qualche tempo. Quel pianto ha dimostrato l'età di Felipe Melo, della sua vera personalità, e di quanto abbia bisogno di restare alla Juventus per diventare uomo.

Uomini, come alla Juventus lo sono diventati Buffon, Camoranesi, e David Trezeguet, uomini che si caricano sulle spalle la Juventus ed il sacco delle responsabilità. Finalmente Buffon parla e para, e fin quando para così, può parlare finché vuole, soprattutto all'Olimpico, soprattutto nel tunnel ad un arbitro arrogante che le ramanzine prima di scendere in campo, se le tiene allegramente in tasca, insieme al fischietto. Chiedevamo ad alta voce il ritorno di Gigi, eccolo, serio, concentrato, pochi sorrisi e due parate decisive, una al pronti via e l'altra quando avevano già aggiornato la classifica del girone. Ridiamo a Gigi ciò che è di Gigi, altro che Giulio, altro che Cesare.

Il gruppo è importante, così insegna Lippi, fottendosene di masse mormoranti in un dialetto stretto, quando rinuncia, assumendosene i rischi, a convocare fenomeni annunciati; e del gruppo abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di gente come Trezeguet, che ha aspettato il suo turno con pazienza, senza un problema, senza una lamentela: ancor più difficile da fare quando per anni sei stato uno dei punti fermi di una grande squadra, una tra i più meritevoli goleador bianconeri, muto al lavoro. E sai che alla fine il lavoro paga, e non fa nulla se non si segna: David è ritornato, perché è cresciuto ed ha imparato come si fa a tornare.

Abbiamo bisogno di lui tanto quanto di Camoranesi che, prima di essere italiano, è juventino, e invece di cantare l'inno di Mameli, fa prima a stonare la storia di un grande amore. Stasera non ha solo giocato a pallone, stasera era uno di quei paletti che sostengono il muro, stasera non ha fatto solo una strepitosa partita, l'ha semplicemente vissuta per sé ed anche per gli altri. L'ho visto in fascia, l'ho visto spomparsi per 90 minuti, l'ho visto fare il regista, il mediano, l'ho visto fare il mago stasera. Un po' strafottente, mezzo argentino, ma uomo prima del resto.

Ed allora Felipe piangi tranquillo, hai tempo per crescere ed hai tempo per capire che sei arrivato in un grande gruppo, un gruppo che viene da lontano, che è riuscito a conservare i valori nonostante tutto, il gruppo ed una sua parte, che va ancora in tribuna a tifare e dai tifosi viene festeggiato, perché quella zazzera bionda si vede anche dalla curva, e perché alla Juventus non si lavora, alla Juventus si vive, si vive, si cresce e si diventa uomini, piangendo e ridendo. Piangi tranquillo, perché avrai tempo di ridere.