Chiamate Roma: 1-4, 1-3

ferraraAncora ammirati dalla straordinaria prova di forza offerta dall’Inter nel derby, prova con la quale i nerazzurri hanno annichilito il presunto “Milan stellare” (che invece dimostra di essere meteora con le piccole e supernova con le grandi), ci si avvicinava timorosi alla giornata di campionato che metteva la Juventus di fronte ad un bivio: vincere a Roma o rientrare immediatamente nei ranghi.
Intendiamoci, il campionato è appena iniziato e una vittoria contro questa Roma non è un risultato paragonabile ad una vittoria in una finale di Champions League.
Ma per quello che rappresenta da sempre Roma-Juventus e per la situazione attuale della Roma (società, squadra, classifica, piazza), difficilmente poteva esserci un esame psicologicamente più complicato.
Ferrara schiera lo stesso centrocampo impiegato contro il Chievo con la soluzione Felipe Melo al posto di Poulsen e De Ceglie in luogo dell’indisponibile Salihamidzic; per il resto squadra immutata rispetto all’esordio stagionale.
La Juventus espugna Roma per il secondo anno consecutivo (dopo l’1-4 della scorsa primavera) con un risultato che avrebbe potuto essere più rotondo se solo il terzo portiere giallorosso Bertagnoli non si fosse opposto in modo decisivo almeno quattro volte alle conclusioni di Tiago, Amauri (2 volte) e Iaquinta; se gli stessi due punteros non avessero mancato almeno altre tre occasioni (un palo per il brasiliano e due occasioni sciupate malamente da Vincenzone); e ancora, se il portoghese (che Ferrara sta recuperando e per ora è ricambiato con i fatti dall’ex Lione) non si fosse fatto imprigionare da quella mollezza che rappresentò il suo marchio di fabbrica nel periodo-Ranieri una volta presentatosi a tu per tu con l’estremo difensore giallorosso, mancando l’occasione per chiudere prima il match.
Gli attaccanti si danno da fare e non hanno molta fortuna, ma si ha l’impressione che oggi questi siano i prescelti di Ferrara, perché uniscono peso e difesa della palla ad una buona dose di altruismo e tanto sacrificio.
Le occasioni le creano, i gol arriveranno.
Buffon effettua il primo intervento del suo campionato a pochi minuti dalla fine del primo tempo, ed è un intervento decisivo su un Totti dato in forma extralusso (e graziato da Rocchi per un intervento assassino su Tiago), ma invece controllato benissimo da una difesa che (diagonali e cross di De Ceglie a parte) regge bene l’offensiva giallorossa, concedendo in tutto solo un paio d’occasioni in 90 minuti.
Intervento da "vero Buffon" su Totti a parte, sul portiere pesa la distrazione che lo vede fuori porta in occasione del pareggio di De Rossi (di cui parleremo più avanti); e altrettanti brividi suscita l’effetto “bella statuina” che Gigi esprime su una conclusione del Pupone (deviata da Cannavaro), che il papà di Louis Thomas osserva serenamente sbattere sul palo...
La difesa tanto criticata subisce un gol in due partite per una stupidaggine e per il resto il suo portiere risulta probabilmente il meno impegnato di tutta la serie A nei 180 minuti.
Le sostituzioni finali che portano Legrottaglie a rivedere il campo e De Ceglie la doccia anticipata (con Chiellini spostato a sinistra per avere maggior incisività in copertura) sono figlie del calo di condizione che la Juve evidenzia e che porta una Roma più rodata a provare il tutto per tutto.
Camoranesi al posto di Marchisio (non benissimo il giovane Nazionale, speriamo che l’acciacco che lo ha costretto all’uscita non sia nulla di grave) offre maggior qualità, perchè Mauro mostra la solita maestria nel trattare il pallone, anche se incide meno di quanto avrebbe potuto preferendo scelte complicate a giocate semplici e lineari.
Un difetto comune ad altri compagni, e qui iniziamo a descrivere le cose che non ci sono piaciute, sperando che certi difetti vengano corretti al più presto, visto che il tempo c’è.
E’ mancata la capacità di gestire il risultato a dovere, dopo aver giocato praticamente ad una porta per tutto il primo tempo e aver creato potenziali occasioni senza concretizzarle.
E’ mancata la capacità di “uccidere” la partita nel momento in cui la Roma esercitava il suo massimo sforzo e lasciava praterie, mancando sempre l’ultimo passaggio oppure scegliendo sempre l’opzione meno ovvia e più complicata.
In questo senso, l’emblema della serata è Felipe Melo, croce e delizia della partita.
Il ragazzo parte con quella che è stata la causa del divorzio dalla Fiorentina e che ha rappresentato una fonte di perplessità di alcuni tifosi juventini nei suoi confronti: la ripetitività di certi atteggiamenti eccessivamente disinvolti nel tener palla in zone “pericolose”. Atteggiamenti che costarono il pareggio del Milan nel “Berlusconi” (e in quel caso poco importa, ok) e che oggi, quando il risultato conta, costano un paio di spaventi; all’inizio su Taddei e nel finale di partita su Totti.
Ma il capolavoro al contrario Felipe Melo lo offre al minuto 35, quando, insistendo nel voler uscire palla al piede da un contrasto con due romanisti, il brasiliano finisce con perdere palla e fare fallo.
E invece di concentrarsi sull’azione, l’ex viola si precipita verso l’arbitro per manifestare il proprio disappunto sulla decisione adottata dal fischietto, e con lui tutta la squadra (eccetto Tiago, che tenta un inutile contrasto) si ferma imbambolata, mentre De Rossi calcia prontamente e trafigge un Buffon pure lui sorpreso con la testa fra le nuvole.
Viceversa, il gol realizzato da Felipe Melo è un esempio di percussione da classico “volante do Brasil”, quelli che un tempo giocavano col numero 5.
A proposito, una cosa vorremmo dirgliela personalmente, al nostro caro medianone della Seleçao: “Più percussioni come quella sul gol, Felipe: ma anche più cervello, meno esuberanza e anche qualche pallone in più in tribuna; questo vogliamo da te.
E se gli esteti dovessero storcere il naso, ce ne fregheremmo altamente, il risultato prima di tutto.
Poi, se ti va, sul 5-0 fai un po’ come ti pare…”.
Glielo diciamo noi perché immaginiamo che Ferrara a Melo un discorso del genere l’abbia già fatto, o almeno avrebbe dovuto farlo già da qualche settimana.
Detto di Melo, cui i destini di questa Juventus oggi si sono legati nel bene e nel male, lasciamo volutamente per ultimo il giudizio su colui il quale oggi ha vinto la partita.
Da tre anni attendevamo un giocatore che facesse cose fuori dall’ordinario: probabilmente lo abbiamo trovato.
Diego Ribas da Cunha, dopo i pochi preziosissimi minuti spesi nelle amichevoli estive e un buon esordio casalingo domenica scorsa, oggi ha mostrato una nuova parte del repertorio.
Quella letale, che non è solo relativa al finalizzatore, ma che è quella di un giocatore completo a tutto campo, capace di concludere e di impostare, di difendere e di pressare, il tutto con un dinamismo e una solidità non comuni per uno di quella statura.
Abbiamo visto al “Berlusconi” uno tutt’altro che tenero come Mathieu Flamini rimbalzargli addosso dopo un contrasto e abbiamo visto stasera uno grande, grosso e per indole grintoso il doppio (John Arne Riise) uscirne sbilanciato dopo un confronto spalla-spalla in corsa.
La domanda sorge spontanea: chi lo abbatte questo torello?
E soprattutto, restando ben piantati per terra con i paragoni impegnativi, chi ha un pochino di memoria si ricorderà di un gol segnato dal Diego più grande che il calcio mondiale abbia mai avuto (Argentina-Belgio di Messico 86, il gol del 2-0) e non potrà far altro che pensare come la fattura del colpo del Diego moderno nell’occasione del gol dello 0-1 sia simile.
E visto che siamo in vena di paragoni impegnativi, il secondo gol (altrettanto bello) profuma di qualcosa già visto con quella maglia addosso, qualcosa di francese che affrontava gli avversari, li disorientava con un paio di finte impercettibili e poi calciava senza esagerare né in violenza, né in gesti atletici esagerati.
In una parola, l’elogio della leggerezza e della semplicità.
Ora la sosta, Ferrara perderà tanti Nazionali e lavorerà con quelli che rimarranno a Vinovo prima di ritornare a Roma per affrontare la lanciatissima Lazio di Ballardini.
Alla ripresa, non ci stupiremmo se qualcosa (soprattutto in attacco) dovesse cambiare…

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