Dal Trofeo Berlusconi luci ed ombre

DiegoL’appuntamento che tradizionalmente segna la fine dell’estate calcistica, il Trofeo Berlusconi tra Milan e Juventus, si risolve con il successo della squadra di Leonardo.
Quella che un tempo per entrambe era una partita da non vincere per questioni scaramantiche, nell’ultimo periodo ha perso appeal per via del ridimensionamento che le due società hanno subìto, costrette loro malgrado a far da spettatrici incredule ai successi dell’Inter.
Nonostante tutto, il carattere della sfida rimane intatto e le squadre non si risparmiano colpi, con il Milan chiamato ad una prova d’orgoglio per riscattare nella kermesse di casa un pre-campionato da incubo con 8 sconfitte su 10 amichevoli giocate, e con la Juve, già in emergenza (forse più per una forma di cautela che per oggettive problematiche, ma lo scopriremo presto), arriva a San Siro presentando all’Italia il suo fiore all’occhiello Diego, finora centellinato per via di fastidiosi guai muscolari.
La partita vede il Milan più convinto e grintoso, le motivazioni dei rossoneri appaiono subito maggiori rispetto a quelle dei rivali ed è comprensibile per tanti motivi: il già citato tentativo di riscatto di un periodo negativo e denso di tensioni; la prima esibizione davanti al proprio pubblico nel torneo intitolato al padre dell’esigentissimo presidente (in tribuna); la voglia dei giocatori rossoneri di dimostrarsi competitivi per scongiurare eventuali interventi di mercato in extremis.
La Juve lascia al Milan l’iniziativa e Pato mette in difficoltà più volte la difesa alta di Ferrara, che a tratti preoccupa per la libertà concessa agli avversari e la lunghezza tra i reparti.
Attimi di preoccupazione e riflessioni che rimandano a vecchi incubi della difesa in versione Maifredi.
Inizio negativo da parte dei due centrali che, col passare dei minuti, migliorano e acquisiscono ritmo e confidenza, mentre va maluccio De Ceglie nel primo tempo (meglio Molinaro nella ripresa), a volte in difficoltà persino con Huntelaar, schierato largo rispetto alle sue attitudini, ma malgrado tutto rivelatosi insidioso dalle parti dell’aostano.
Sulla stessa lunghezza d’onda Grygera, deficitario fin quando resta in campo, con il Milan che crea molte opportunità potenziali sfondando spesso dalla sua parte, e meno male che Buffon in alcuni casi ci mette del suo.
Quella sul portiere è una buona notizia, perché stasera in termini di sicurezza e personalità abbiamo visto un Buffon come non si vedeva da tempo.
Ne abbiamo bisogno.
A centrocampo, onesto contributo di Salihamidzic, sul quale giocano Pato e Ronaldinho (a proposito dell’ex Barça: nonostante le frasi al miele degli addetti ai lavori, sembra sempre più l’ombra del giocatore che fu) che lo prendono in mezzo perché sia il collega di fascia (Grygera) che il vertice basso del rombo non aiutano minimamente.
Preoccupante, in effetti, l’esibizione di Felipe Melo, mai in grado di coprire la difesa a dovere e sempre in ritardo nelle chiusure.
L’acquisto più frettoloso e globalmente più costoso della campagna estiva bianconera mostra ancora evidenti problemi di inserimento e soprattutto getta luce sulle arrabbiature di Prandelli che lo scorso anno si sprecavano nei confronti del brasiliano.
Il numero 4 juventino, oltre ad “accendersi” e a finire in mezzo a “discussioni” con metodica regolarità, mostra una volta di più la sua inadeguatezza al rombo, proprio per l’insofferenza nel recuperare la posizione a protezione della difesa.
Lievemente meglio il Felipe Melo versione “metà campo avversaria”, quando parte in progressione seppur col paraocchi, senza vedere compagni ed avversari, finendo con l’abbattere qualche ostacolo sulla sua strada oppure, alla peggio, venirne abbattuto a sua volta.
Ma quando queste cose, queste leggerezze, un calciatore titolare della Nazionale più decorata del Mondo le compie davanti alla sua difesa, oppure quando prende palla nell’area piccola della sua area di rigore affollata da avversari e tenta di uscirne come fanno sulle spiagge di Copacabana, cioè palla al piede da solo contro tutti, perdonatemi per il termine che leggerete, ma si tratta dell’unico possibile per descrivere in modo efficace la figura fatta da Melo in queste occasioni: quella del deficiente.
Chissà cos’avrà pensato Ferrara, lui che della difesa era una specie di Ministro; chissà cos’avrà pensato Secco, che in tre giorni ha avuto mandato di chiudere per 25 milioni per questo giocatore, finora decente (a tratti) contro l’Aston Villa e forse per 45 minuti contro il Milan nel recente trofeo TIM, e palesemente negativo nelle altre esibizioni.
Nel mio piccolo, modestamente, ho avvertito un brivido freddo stile “prima volta” dei vari Tiago, Almiron o Poulsen...
Spero di essere smentito quanto prima, ma a mio parere urge il ritorno di Sissoko e il cambio di modulo con Melo e il maliano sulla stessa linea (come avviene nel Brasile con Gilberto Silva) e allora in avanti ci si potranno permettere Diego, Camoranesi e due punte (una che parte bassa da sinistra e l’altra al centro), posto che ad uno come l’attuale Marchisio è impossibile rinunciare.
Sul brasiliano titolare nella Nazionale del suo Paese abbiamo detto, dell’altro parliamo subito: Diego Ribas da Cunha questa sera ha fatto vedere di che pasta è fatto, e stavolta sembra veramente pasta di ottima fattura.
L’ex Werder ha una qualità e una sicurezza nel trattare la palla da giocatore di categoria superiore, e nell'uno contro uno esce sempre con disinvoltura, mettendo in difficoltà uno come Gattuso (che non sarà il Gattuso migliore di sempre, ma resta uno da rispettare) con finte e contro-finte in sequenza e una fisicità difficile da contrastare.
Emblematico in proposito un episodio avvenuto pochi minuti prima della sostituzione del brasiliano con il giovane Yago, quando Diego a centrocampo stoppa la palla e alza la testa per osservare il piazzamento dei compagni, e su di lui si precipita Flamini con un’entrata feroce con la quale colpisce nettamente il pallone.
Risultato: il marsigliese finisce a terra incredulo come fosse rimbalzato da uno scontro con un muro, e Diego resta in piedi senza accusare il minimo fastidio.
Impressionante.
Diego, subito in gol anche se con la gentile compartecipazione di Thiago Silva, prende in mano la squadra con personalità giocando prevalentemente di prima e prediligendo la zona di sinistra, dove dialoga benissimo con il sempre più convincente Marchisio, uno che se si chiamasse “Marchison de Souza” varrebbe almeno 30 milioni...
La strada è quella giusta, il passo è quello buono, i tifosi si sono esaltati alle giocate del numero 28 bianconero, rispondendo ad ogni tocco del brasiliano con un boato e un coro.
Positivo Amauri, entrato nel secondo tempo e convincente nel dialogo con Diego; vista la condizione ottimale l’ex palermitano prenota la maglia da titolare per domenica, quando dovrebbe essere affiancato dal recuperato Del Piero, oggi a riposo precauzionalmente, ma non preoccupato per la concorrenza di Iaquinta e Trezeguet, quest’ultimo apparso più motivato, ma come sempre poco appariscente se non assistito a dovere.
La gente juventina vuole sognare, Marcello Lippi ci mette del suo pronosticando la Juve campione d’Italia: immaginiamo Ferrara come può averla presa, lui che da calciatore sembrò dispiacersi per un rigore decisivo realizzato proprio nel trofeo Berlusconi.
Quanto al Milan, Thiago Silva non riesce a convincere nonostante gli amici Bergomi e Caressa (bentornati, iniziato ancora col piede giusto, eh?) ne dicano meraviglie; e in generale, malgrado l’impegno e la volontà che giustificano il merito del successo finale rossonero ai rigori, la squadra di Leonardo appare scricchiolante e piena di difetti.
Sarà per il morale, sarà per altre ragioni, ma a questo Milan sembra essere rimasto solo Pato e un pochino di Pirlo, con Leonardo chiamato all’impresa di motivare un gruppo stanco con i soliti richiami alla voglia dei tanti campioni e alla freschezza dei nuovi arrrivati.
L’impressione è che non ci sia da stare troppo allegri.
Il campionato inizia tra pochi giorni e il momento di fare sul serio è arrivato, da domani gli alibi sono finiti.
Per tutti.

P.S.: simpatico (??) siparietto al momento del cambio tra Diego e Yago, con il giovane spagnolo entrato in campo con addosso la maglia di Tiago “taroccata”, senza la “T” coperta con del non ben definito materiale adesivo.
Motivazione: i magazzinieri non avevano portato a Milano magliette di Yago, in procinto di trasferirsi a Bari in prestito e aggregato all’ultimo momento.
Della serie, cose da calcio di una volta, da calcio artigianale o dilettantistico, molto naif.
La battuta seguente è troppo facile, se volete fatela voi...

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