4-1 per il Villarreal, Juve umiliata

Ciro FerraraFerrara: "Niente alibi, è giusto così".
Oggi, dalle pagine del quotidiano sportivo torinese Fabrizio Ravanelli, al quale dobbiamo eterno rispetto per il contributo fornito alla causa bianconera, si è sbilanciato nel definire la Juventus superiore all’Inter in Italia e almeno alla pari col Barcellona in Champions League.
Va bene, tutti hanno il diritto di dire la loro, il calcio è materia talmente opinabile che chiunque può permettersi di esprimere un parere.
Sperando che l’affermazione di Ravanelli fosse conseguente ad un happy hour di quelli belli tosti, dobbiamo riconoscere che la realtà è molto diversa.
Perciò frenare gli entusiasmi e limitare i proclami, in primis proprio dagli uomini di Casa Juventus, non guasterebbe.
Il match di questa sera contro il Villarreal è stato il test più attendibile tra quelli affrontati dalla Juventus in questo precampionato.
Una squadra vera, classificatasi quinta nella scorsa edizione della Liga e con l’ossatura costituita da buoni giocatori quali il nostro Giuseppe Rossi, la stellina brasileira Nilmar, Cani e Ibagaza, e qualche ottimo elemento come Capdevila, Cazorla, e il vecchio ma sempre talentuoso Pires, mette alle corde gli uomini di Ferrara che, con tutte le scusanti del caso (carichi di lavoro al ritmo di doppie sedute giornaliere, calendario di partite fittissimo), non ci capiscono nulla di come affrontare gli spagnoli.
Mancava il metronomo tuttofare Senna, oscuro protagonista del trionfo Europeo della Spagna di Aragonés, ma non se ne è accorto nessuno.
Se con il Siviglia e il Real Madrid, che squadre nel vero senso della parola non lo sono ancora, si era vista una Juve all’altezza, stasera i Ferrara-boys hanno pesantemente sbragato.
Il Villarreal, tanto per chiarire le cose e rispondere a Ravanelli, è un piccolo clone del Barcellona, cui somiglia per la filosofia fondata su possesso palla e fraseggio di qualità; purtroppo per il tecnico Valverde (e per fortuna degli avversari) la classe e la capacità di concretizzare la mole di gioco dei suoi uomini non sono esattamente le stesse in forza al club catalano.
La Juventus subisce una sonora lezione di calcio, la partita è un monologo giallo con gli uomini di Valverde, brevilinei e tecnici, quindi clienti poco raccomandabili in un periodo come questo, abilissimi a tracciare geometrie perfette su tutta la superficie del campo, assimilato ad un foglio di carta millimetrata; linee che improvvisamente si fanno più profonde e sulle quali i centrocampisti e i difensori bianconeri restano a bocca aperta.
E’ vero che la Juve sta lavorando pesantemente, ma non si possono accampare scuse sulla preparazione più avanzata degli iberici in quanto la Liga inizierà una settimana dopo la nostra serie A, ed è apprezzabile la dichiarazione nel post partita di Ferrara che ammette: “La sconfitta contro una grande squadra qual è il Villarreal fa male, ma è meritata e giusta. I troppi elogi ricevuti non fanno bene, mentre questo schiaffo ci potrà far benissimo per il futuro. Siamo e rimaniamo una squadra di altissimo livello e non voglio accampare scuse nascondendomi dietro agli alibi degli allenamenti pesanti e delle troppe amichevoli.”.

Il tabellino riporta dieci/dodici opportunità potenziali per gli iberici nel solo primo tempo (un gol soltanto, bellissimo, di Santi Cazorla), cinque/sei nella ripresa, conclusa con altre tre reti praticamente a porta vuota per il “submarino amarillo” (Nilmar e doppio Pires), con la Juventus a destare una sensazione di impotenza assoluta, in balìa di una squadra che gioca, riparte e va al tiro con una semplicità davvero stupefacente.
Da parte juventina, in tutto il match da segnalare solo il gol di Amauri (sullo 0-3), una combinazione iniziale tra Giovinco e Trezeguet conclusa centralmente in modo innocuo da Del Piero sul controllo maldestro del francese e qualche sprazzo di vivacità mostrato da Giovinco, il più efficace e volitivo dei suoi.
Gli uomini più in condizione del periodo (Camoranesi e Zebina, sostituiti a fine primo tempo: al posto del francese debutta Caceres) segnano il passo, Melo fa capire perché in Spagna giocava nell’Almeria e non in un top club e viene preso in mezzo costantemente dalle geometrie dei gialli, mentre la difesa mostra un Cannavaro imbarazzante al quale vengono risparmiate una sacrosanta ammonizione e due calci di rigore; uno per una netta trattenuta e l’altro per un mani evidente da terra a pochi metri da Manninger.

Serata nata male?
Speriamo, di certo la Juve torna sulla terra, come il suo allenatore ha saggiamente fatto intendere.
Basta con gli scudetti d’agosto, con i proclami e i facili entusiasmi espressi da qualche chiacchierone: quelli appartengono storicamente ad altri.
In conclusione due parole su altri singoli, quelli che c’erano e quelli che non c’erano, e sul modulo.
Iaquinta e Amauri oggi si fanno preferire a Del Piero e Trezeguet, nonostante errori e imprecisioni, mentre Molinaro sulla sinistra fa rimpiangere Salihamidzic; quanto a Marchisio, in un centrocampo “a rombo” non ha ancora giocato una gara convincente.
Quanto al suddetto “rombo”, al cospetto di un avversario del genere ha fatto vedere quale consistenza abbia: quella che avrebbe oggi un panetto di burro tenuto fuori dal frigorifero.
Rimango della mia idea: il modulo giusto per questa squadra prevede due dighe davanti alla difesa, e tre/quattro giocatori dediti alla fase offensiva.
E per attuare questo modulo va bene Zanetti (che, entrato contro l’Aston Villa, cambiò la partita posizionandosi sulla linea di Felipe Melo) ma l’ideale è un altro.
Tutti aspettano Diego come fosse il Messia, ma l’uomo determinante resta quello senza il quale da febbraio a maggio abbiamo sofferto le pene dell’inferno e che ancora oggi fatica a rientrare: il colosso nero Sissoko, la vera anima di questa squadra.
E pensare che oggi lo stesso quotidiano sportivo torinese che intervistava Ravanelli dedicava al maliano una pagina con un titolo del genere: “Sissoko, buone notizie: non si opera, si conta di recuperarlo fra un mese”.
Che coraggio!

La pagella della partita sul nostro blog.