Peace Cup: L'Aston Villa stavolta non porta fortuna

del pieroLa Juventus perde la Peace Cup in finale contro l’Aston Villa, avversario cui si legano due pagine tra le più belle della storia europea della Juventus, e se Ferrara sarà arrabbiato “perché vincere abitua a vincere”, sarà arrabbiato pure Blanc, che vede sfumare i 2 milioni secchi garantiti al vincitore. Una partita dai tre volti, giocata inizialmente meglio dalla Juve, con una fase centrale in mano agli inglesi e con un finale (compresi i calci di rigore) con l’inerzia nettamente favorevole alla Juventus, che getta la vittoria in malo modo per via degli errori madornali dei propri attaccanti, non ultimo il rigore calciato sul match point da Del Piero. Un penalty, quello eseguito dal numero dieci juventino, che è stato tirato con una presunzione indecente, quella che contraddistingue solitamente certi sbruffoncelli di cui si censura da anni il comportamento su tutti i campi di serie A. Penso al vecchio Cassano e al recente Balotelli. Poco importa che si tratti di Peace Cup, sbeffeggiare l’avversario o tentare il personalismo per far scrivere i giornali o far parlare i teatrini televisivi non deve appartenere alla Juventus, che quando deve chiudere il conto, lo chiude e basta. E invece non succede, ed è un peccato, perché la Juve della fase iniziale sembra la stessa squadra notata nelle precedenti esibizioni, con quella rapidità di pensiero e d’esecuzione che sembra essere il primo comandamento di Ferrara. E che ciò avvenga nonostante il massiccio turnover applicato dal tecnico posillipino è sicuramente un fattore positivo: significa che Ciro sta riuscendo a far capire ai suoi uomini quel che vuole ottenere da loro. Di fronte c’era un avversario ostico e rognoso, che in Premier League rende da anni la vita difficile alle Fab Four tradizionali, un gruppo guidato da Martin O’Neill, un nordirlandese furbo e attento che da giocatore ha vinto due Coppe dei Campioni col Nottingham Forest e da tecnico è stato artefice dei migliori anni recenti del Celtic, prima di riuscire nell’impresa di riportare ormai stabilmente il club del “Villa Park” nell’elite della Premiership. Una squadra vera, molto più squadra di quanto lo sia oggi il Real Madrid affrontato due giorni fa. Rispetto alla partita contro il Real Madrid, Ferrara cambia le punte, e da Amauri e Del Piero si passa a Iaquinta-Trezeguet; i due si mangeranno occasioni in serie, alcune addirittura clamorose.

A centrocampo torna Marchisio (poco brillante in verità) al posto di Tiago, mentre Zebina, Molinaro e Legrottaglie vengono riproposti in luogo di Grygera, Salihamidzic e Cannavaro, finché il ceko non subentra allo sfortunato Molinaro, vittima di un probabile trauma distorsivo. Dicevamo dei tre volti della partita: un inizio bianconero, con Giovinco vicinissimo al gol dopo pochi istanti (tiro alto) e di nuovo qualche minuto dopo quando perde il tempo buono per concludere perché ostacolato. La Juve sembra la stessa vista contro il Real Madrid, ma col passare dei minuti l’Aston Villa prende campo e lascia l’iniziale atteggiamento attendista per farsi pericolosa con Young e Carew, con quelle che, a dire il vero, resteranno le uniche occasioni nitide create dai britannici in tutta la gara. E’ il momento in cui la manovra juventina rallenta e si ritorna al possesso palla statico e senza sbocchi, con gli attaccanti che non si propongono per l’inserimento. I più positivi sono Zebina, Felipe Melo (molto meglio rispetto all’esibizione con i galacticos, anche se ha un’autonomia ancora molto limitata) e ancora una volta Camoranesi. Bene anche Giovinco, pungente e volenteroso nel tentare di creare soluzioni per le punte, la vera nota dolente della serata. Perché nel momento di maggior pressione della squadra di O’Neill la Juve crea un occasione clamorosa con Iaquinta che di testa sovrasta l’avversario diretto ma spedisce lontanissimo dallo specchio della porta quando tutti erano pronti ad urlare per il vantaggio. E il leit motiv della partita riprende fino a metà ripresa, quando i “villans” comandano il gioco ma creano ben poco, mentre una Juve in difficoltà fisica sostituisce Marchisio con Zanetti, col risultato di accorciarsi e compattarsi, e da quel momento partono i contropiede che vengono più volte sprecati in modo maldestro da Trezeguet (in evidente difficoltà, più psicologica che fisica) e Iaquinta (lui ancora più sciupone del francese), e, a turno, da Zebina e Zanetti, quando Ferrara, coraggiosamente, aveva già varato l’impostazione a 4 punte aggiungendo alle due iniziali anche Del Piero e Amauri. In una serata di difficoltà fisica evidente, la Juventus colleziona la bellezza di una dozzina di palle gol, non trasformate per la poca lucidità, per gli impegni ravvicinati e per i carichi di lavoro cui Ferrara ha sottoposto la squadra. Attenuanti che valgono anche per la difesa, soggetta ad alcune sbavature che stanno a dimostrare quanto le supposizioni di un ormai logorroico (ex) vate della panchina lascino il tempo che trovano. Stasera si riproponeva la coppia Chiellini-Legrottaglie (coppia che il succitato vate aveva definita “meglio assortita” rispetto a quella composta dal livornese e da Cannavaro che non saprebbero “marcare a zona”) e la condizione approssimativa ha fatto vacillare i due nonostante un’intesa collaudata e affidabile da almeno tre anni. “Tutte cagate”, aveva sentenziato in merito al “vaticinio” Giorgione, da buon livornese; ci sentiamo di dargli ragione e attendiamo il lievitare della condizione generale per avere riscontri più oggettivi.

Ora si torna in Italia, prossimo impegno il 7 agosto a Salerno contro il Villarreal di Giuseppe Rossi, sperando di vedere progressi e auspicando nel frattempo buone nuove sul conto di Diego e Sissoko.

Nella speranza che l’appetito degli attaccanti juventini, divoratori famelici di gol, si trasformi in spietato cinismo appena avranno inizio gli impegni ufficiali.

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