19a giornata: la Dea ridicolizza gli indossatori

MourinhoIl girone d'andata si chiude con clamorose novità. A tenere banco, per altro, non un fatto tecnico, ma il calciomercato, con Kakà pronto a lasciare la prima squadra di Milano per aggregarsi alla seconda di Manchester.
Sul campo, nell'anticipo di sabato, il Milan si accontenta di un gran gol di Pato e ringrazia Rosetti (il “nuovomigliorarbitrodelmondo”) per non aver concesso ai viola un rigore su Montolivo, atterrato maldestramente da Favalli. Decisivo anche il contributo di Sant'Abbiati, che in almeno due occasioni compie degli autentici miracoli.
A San Siro il popolo rossonero si è scagliato contro la società con ferocia. Ai tifosi da spalti, si son poi uniti anche quelli da studio tv, al solito portavoce di moralizzazione e buon senso purché diretta alle squadre altrui. La realtà è che non si è ancora capito che il calcio italiano non è più il paese dei balocchi, che un certo tipo di politica (ironia della sorte: introdotta proprio da Berlusconi una ventina d’anni fa) non è più attuabile, che non è più tempo di creatività finanziaria (fondi neri, finte plusvalenze) e, pertanto, certe offerte vanno accettate al volo. Il cognato del sindaco di Milano l'avrà capito? Aspettiamo, l’unica certezza è che se l’affare, come sembra, si concretizzerà, il Milan realizzerà il secondo grande incasso negli ultimi 3 anni (dopo la cessione di Shevchenko), e considerando che il pensiero di ritrovarselo avversario si potrà materializzare non prima di due stagioni (data la classifica del City, sulla soglia della zona retrocessione), rinunciare ad un giocatore seppur straordinario come il 27enne Kakà può far meno male di quello che si possa immaginare. Che poi l’acquirente sia lo sceicco Mansour Bin Zayed, azionista di Mediaset e di Barclays (secondo azionista della stessa Mediaset), non fa che rendere felici Marina e Piersilvio, notoriamente contrari alle campagne acquisti faraoniche condotte, in un ormai lontano passato, dal padre.

La domenica, apertasi dunque male per il morale del Milan al di là dell'1-0 alla Viola, regala però uno zuccherino nel pomeriggio: il crollo dei cugini che riporta il Diavolo a -6 dalla vetta.
Il primo tempo interista a Bergamo è da museo degli orrori. Senza il febbricitante Samuel e con l’Ibrahimovic appannato di questi tempi, la banda di Mourinho è stata letteralmente strapazzata dall’Atalanta. I ragazzi della Dea hanno corso a velocità doppia rispetto ai rivali e un assist di Chivu, forse influenzato dalla vicinanza di Dodicesimo Uomo per gli Avversari Burdisso, favorisce Floccari, lesto a scherzare con Cordoba e a battere Julio Cesar. Con l'Atalanta assoluta padrona del campo, per il raddoppio bisogna aspettare fino al 27°, mentre Mourinho, in piena confusione, sta per cambiare Chivu con Obinna, tipico esempio della vera grande novità tattica apportata dal tecnico portoghese: il cambio incomprensibile. C'è un calcio di punizione di Doni deviato da Ibrahimovic in barriera, ma non si può nemmeno parlare di sfortuna: Ibra interviene di mano piena, con l’arto scomposto e indirizzato a cercare la palla. Se non fosse stato gol, sarebbe stato rigore netto, lo ammette anche il Mou nel dopo partita. Cinque minuti dopo arriva la terza pera: Doni stacca tra le belle statuine interiste e insacca di testa alle spalle di Julio Cesar.
La ripresa si apre con l’ennesima magia di Mourinho: Figo e Adriano al posto di Crespo e Maxwell, ma il tema della gara non cambia, con la Dea che sfiora in almeno tre occasioni la quaterna con Doni (due volte, la prima clamorosa) e De Ascentis ("palo nel deserto" da distanza ravvicinatissima), mentre l’Inter mostra una timida reazione sul piano della vigoria. Ma occasioni create: zero. Il tutto sotto gli occhi di un pubblico, quello bergamasco, che si diverte a sottolineare con “Olé” il “torello” di Doni e soci. Una lezione di calcio a cui l’allenatore portoghese ha assistito impietrito, appoggiato alla sua panchina, impassibile anche all'unico sussulto dei suoi, il gol di Ibra a recupero quasi scaduto, quando ormai gli avversari, euforici, avevano allentato la tensione. Lo stato confusionale del trainer portoghese prosegue nel dopo gara, quando a domanda di Mauro: “Ma perché l'Inter non somiglia al tuo Chelsea e al tuo Porto?”, risponde: “Non lo so, so solo che se uno invece di rinviare la palla verso l’esterno, la mette in area a disposizione di Floccari (non nomina Chivu...), e se un difensore di 34 anni concede ad un attaccante come lui (sempre Floccari, ndr) un movimento del genere in area, devo fargli capire che non deve farlo (qui il messaggio è per Cordoba...)”. Ahi ahi ahi, che mal…

Nell’anticipo di sabato, il Siena ha colto contro la Reggina (sempre più inguaiata; la cura Pillon non ha finora portato punti) quei punti che avrebbe sicuramente meritato contro l’Inter, e in parte anche con la Juve. Paradossalmente, come spesso accade, lo fa quando non merita.
Giampaolo ad oggi è 7 punti sopra la zona calda, addirittura sopra ad una Samp che è la delusione del girone d'andata, soprattutto in rapporto agli investimenti, ultimo quello per Pazzini. I blucerchiati vengono sconfitti a domicilio dal Palermo di Ballardini, che a dispetto di Zamparini e di tutte le cessioni eccellenti è nel gruppone di quelle che aspirano ai posti che valgono l’Europa.
Retrocede infatti al quinto posto il Napoli, sconfitto da un Chievo generoso al quale annullano tre gol (uno forse buono), ma al quale concedono un rigore (sui due realizzati) che in realtà è una vera e propria simulazione. Al di là degli episodi, il Chievo merita e al Napoli non basta Lavezzi, il suo uomo migliore; ancora una volta il (per ora) presunto fenomeno Hamsik ha fallito l’appuntamento facendosi scioccamente espellere.
Partita che ridimensiona gli uomini di Reja, così come avviene per la Fiorentina dell’eterno progetto di Prandelli e Della Valle. Detto del Cagliari di Allegri che conferma il suo buon momento, già evidenziato a San Siro contro l’Inter, e batte un Udinese in caduta libera per il quale c’è aria di cambio di tecnico, restano tre fatti importanti:

1) La vittoria in extremis della Roma a Torino, che riporta i giallorossi in piena corsa per la Champions, con un altro gol della “Bestia”, che fa sprofondare i granata in piena depressione. La situazione del Toro è disperata e la vittoria del Chievo impedisce di godersi la sconfitta del Lecce. Ora dall’ultimo posto c’è la stessa distanza che separa il club di Cairo dal quart’ultimo, cioè due punti. Novellino non ha risolto i problemi e all’editore di “Diva e Donna” non resta che ributtarsi sul mercato, come da lui stesso preannunciato. In alternativa, farsi da parte e cedere immediatamente la società al fantomatico Mister X.

2) La sconfitta del Lecce, che viene scavalcato dal Bologna vittorioso a Catania con l’immancabile gol di Di Vaio, un altro che ha giocato (e vinto uno scudetto) nella Juve, e che, bisogna ammetterlo, ha fatto lievitare il suo rendimento (insieme a quello della squadra) da quando Mihajlovic ha sostituito Arrigoni.

3) Il Genoa quarto in solitaria a 2 punti dal terzo posto è l'altra grande notizia della giornata. Inutile ribadire per l’ennesima volta quanta Juve ci sia in questa squadra, quanti presunti “scarti” provenienti da quella “squadra di ladri” compongano la rosa del Grifone. Anche oggi la banda di Gasperini gioca una gara attenta e brillante, e la perla di tacco di Bosko Jankovic richiama alla memoria capolavori del passato bianconero. Questo Genoa non è mai banale e soprattutto ha una dote rara per una squadra che tradizionalmente lotta per non retrocedere: non rinuncia mai a giocare. Ha un centrocampo tra i più tecnici del campionato e grazie alla bontà della manovra sembra poter prescindere dall'uomo-copertina Milito. Fossimo in Preziosi, ci penseremmo una sola volta di fronte ad un’offerta mostruosa proveniente da Via Durini per l’argentino.