Juve prima nel girone di Champions

GiovincoCon qualche patema di troppo la Juve porta a casa la prima posizione del suo girone, evitando figuracce e soprattutto infortuni, in una serata del genere, rigida e certamente fastidiosa, a tre giorni da una gara così importante come quella di domenica contro il Milan.
Il pareggio sta forse stretto agli uomini di Ranieri, che gestiscono senza forzare troppo la partita e in termini di occasioni prevalgono (e ci mancherebbe) contro i modesti bielorussi, ma il non concretizzare le occasioni create mette ansia. Questa mancanza di incisività ha come conseguenza un finale teso, in quanto il profumo della beffa è rimasto nell’aria fino agli ultimi minuti, mentre il Real Madrid del neo allenatore Juande Ramos travolgeva lo Zenit e il Bate si faceva pericoloso. Perché checché ne dicano da Milano, arrivare primi contava. Ranieri sceglieva un centrocampo inedito, con Nedved e Zanetti centrali e la coppia Marchionni/De Ceglie sulle fasce. Dietro riposava Chiellini, sostituito da Mellberg, in rodaggio per domenica, mentre davanti il tecnico romano riproponeva, come a Lecce, lo stakanovista Amauri affiancato da Giovinco.
Buoni segnali da Mellberg, pronto per il Milan, confortante la tenuta di Cristiano Zanetti, ancora lontano dagli standard dello scorso anno (ad oggi non gli si potrebbe chiedere di più) ma se non altro abbiamo capito che è ancora arruolabile e si spera possa solo migliorare.
Il primo tempo è decisamente noioso, se si esclude la voglia di Amauri (in grande condizione) di far gol, mentre la ripresa si accende con la Juve che alza leggermente il ritmo e si guadagna un rigore (calciato alto da Giovinco) e qualche occasione da rete, compreso un palo colpito dal positivo Marchionni. Con un pizzico di concentrazione in più si poteva trasformare in rete alcune di queste occasioni e vivere con maggior tranquillità il finale, che invece regala qualche grosso brivido di troppo. Ma alla fine, va bene così, anche per la gioia del debutto in Champions League da parte dei giovani Esposito e Castiglia.
La vittoria del girone impone che alla squadra vengano fatti i complimenti, un gruppo capace di reagire quando pareva prossimo a franare; ci riferiamo alla gara d’apertura con lo Zenit e alla prima mezz’ora dell’andata contro il Bate che, pur classificatosi ultimo nel girone, curiosamente resta l’unica imbattuta contro la Juve.

Anche altrove ci sono stati risultati a (relativa) sorpresa, con il Manchester United che rispetta il pronostico e vince il proprio gruppo pareggiando e faticando in casa col modesto Aalborg, con il Villarreal che non ne approfitta perdendo nettamente a Glasgow, mentre il Lione sciupa il vantaggio del fattore campo e della differenza reti favorevole andando sotto 0-3 col Bayern Monaco che, seppur diventato un 2-3 al termine, spedisce i francesi in seconda fascia. Ultima sorpresa, la vittoria del Porto sull’Arsenal, ma in realtà Wenger per l’occasione aveva lasciato a casa molti dei suoi pezzi grossi per scelta, evidentemente fregandosene del primato nel girone. Una scelta un pochino snob, ma dichiarata e coerentemente perseguita fino al masochismo. In altre piazze invece si ragiona un po’ come la volpe con l’uva.
Eravamo curiosi di verificare l'Invincibile Armata Nerazzurra al cospetto di un avversario mediocre e senza il suo uomo migliore, il tanto reclamizzato Diego. L’Inter è una squadra costruita per dominare e distruggere la concorrenza, sia interna che estera, e se per ora in Italia sta mantenendo le promesse, pur con qualche sassolino nell’ingranaggio, in Europa ha ottenuto il minimo risultato con estreme difficoltà in un girone semplicemente ridicolo cucito su misura e che avrebbe potuto riservare ancor più amare sorprese se il Werder Brema non si fosse letteralmente divorato la possibilità di qualificarsi a Cipro. La serata di Brema dice due cose indiscutibili: la prima, che l’Inter senza Ibrahimovic vale più o meno la metà, persino Vialli in sede di commento post partita se ne accorge e Mourinho annuisce, e non potrebbe fare altrimenti perché, partito tra “Imperatori ”, “Trivele ” e “Mansini ”, all’intervallo (anche se si era sullo 0-0) capisce la mala parata e si affretta a mandare in campo lo svedese, che nelle intenzioni doveva riposare. Esce anche Burdisso ed entra Maxwell, e su quella fascia il Werder produce il massimo sforzo e schianta letteralmente i nerazzurri sul loro terreno preferito (il fisico) e pure sulle geometrie, e tutto ciò qualche dubbio sulla squadra di Mourinho ce lo insinua.
L’Inter subisce, andando sotto due volte e riuscendo solo nel finale ad accorciare le distanze con l’ennesima magia dell’uomo portato in Italia da Moggi e regalato da Montezemolo a Tronchetti. La seconda certezza è che il progetto di 4-3-3 dello Specialone, riproposto stasera in una gara che contava relativamente, è definitivamente naufragato in riva al Mare del Nord. Fallito il modulo, ad oggi fallimentari gli uomini chiamati a rappresentarlo, il caro (in tutti i sensi…) Josè si deve rassegnare ad essere la copia carbone del suo predecessore sul piano tattico, ma in questa serata ha almeno un moto d’orgoglio col quale mette con le spalle al muro i suoi giocatori, dichiarando: “Abbiamo fatto 8 punti, volevo una vittoria perché il Panathinaikos vince il girone ma è la più debole delle qualificate, il Werder Brema è più forte, meritavano loro di passare il turno assieme a noi; ora ci meritiamo la più difficile delle prime, il Barcellona o chi capiterà”.
Ma se, come già scritto sopra, i tedeschi avessero battuto l’Anorthosis, forse più che pensare al Barcellona Mourinho avrebbe dovuto pensare ai cugini rossoneri e all’Udinese, alla faccia dei roboanti proclami che alla vigilia si levavano dalla sponda nerazzurra del Naviglio, sia dallo staff interno che dall’organo ufficiale rosa. L’imperativo era uno solo: vincere con una convincente prova di forza, esattamente ciò che si leggeva prima del match col Panathinaikos. Risultato identico, qualificazione ottenuta con pieno demerito. Ora vediamo cosa riserverà all’Invincibile Armata il sorteggio, ma fidiamoci delle parole del saggio ed imparziale Bergomi, che, seppur per una sera separato dal gemello Caressa e accoppiato a Compagnoni (forse per suggerire direttamente cosa dovesse dire, facendo risparmiare costosi sms al capo ufficio stampa nerazzurro…) non perde la proverbiale fiducia nel Biscione: ”Maurizio, io sono convinto che questa sconfitta farà bene quando si entrerà nella fase ad eliminazione, è li che inizia la vera Champions League”.
Per come conosciamo la Storia del calcio di questi ultimi 40 anni, non ci sono dubbi sul fatto che bisogna credergli ciecamente. Quanto alla Roma, va dato atto alla squadra di Spalletti di essersi risollevata da una situazione compromessa fino a vincere il proprio girone relegando il Chelsea al secondo posto (e non è una buona notizia per noi). Altra cliente complicata in prospettiva sorteggi è sicuramente l’Atlético Madrid, ma in quel gruppo la scelta poteva significare anche Liverpool, ovvero la squadra che oggi comanda la Premiership e che negli ultimi 4 anni ha disputato 2 finali e una semifinale di Champions League. Infine, il girone già deciso da due giornate, quello del Barcellona sconfitto in casa nel deserto del “Camp Nou” e imbottito di bambini (ma in Catalunya nessuno se ne duole, per il weekend si attendono i resti del Real Madrid), il raggruppamento nel quale c’è la squadra che ad oggi tutti vorrebbero incrociare: lo Sporting Lisbona.

Commenta la pagella della partita sul nostro blog.