4 schiaffi alla Roma, ma per Sky: "Juve fortunata"

mellbergParte lesa lesionata come spesso è accaduto, sia prima che dopo Calciopoli. Il risultato è rotondo, netto; un 4-1 che richiama alla memoria l’ultimo successo ottenuto dalla Juve a Roma, nell’anno 2005/06, quando la truppa di Capello aveva scherzato sulla “Maggica” con tanto di ciliegina sulla torta di Ibrahimovic, autore di un gol pazzesco. Tanto per dire che l’uomo che ha vinto gli ultimi 4 campionati allora giocava per quelli che ne avevano intuito il talento e se lo potevano permettere, diversamente da chi lo inseguiva da anni ma doveva fare il conto con le voragini del proprio bilancio, oppure, nella migliore delle ipotesi, tesserava giocatori con sistemi poco ortodossi (passaporti falsi, caso Mexes, ecc.). Ora quella Juve non c’è più, la Roma da quell’estate 2006 ne è uscita ossigenata da tre partecipazioni alla Champions League (una regalata e fondamentale per la sopravvivenza del club) ed ha usufruito della generosità della banda morattiana nel banchettare sulle briciole elargite dagli Onesti. Il tutto per attaccarsi qualche patacca sulla maglia. Nel frattempo, malgrado l’inadeguatezza di certi personaggi, la Juventus è tornata dove le compete nonostante si fondi ancora sui brandelli scricchiolanti dello squadrone capelliano, quella ladra secondo i tanti equini (e non parliamo di cavalli) che popolano la Capitale. I bianconeri si presentano all’Olimpico senza 8 titolari e portano a casa la posta piena: immaginiamo le lamentele sugli 11 indisponibili giallorossi, sulla Juve che “rubba” a prescindere e sul Giudice Sportivo che “nun c’ha restituito Capitan Futuro”. Ce ne freghiamo altamente, perché la Storia parla chiaro. E la Storia, che dovrebbe dire quanto questa “grande Roma” sia stata penalizzata dalle “rubberie deMMoggi”, ci dice che in due anni di "calcio pulito", i confronti diretti tra loro e noi si sono risolti con un pareggio (il primo confronto; settembre 2007) e tre vittorie della Juventus (7 gol a 1, lo score). Se prima il delirante teorema individuava il colpevole in Moggi, adesso quale frottola si inventeranno? La partita ha poco da dire, troppo superiore la squadra di Ranieri, che attende e riparte con grande efficacia, pungendo sempre la difesa romanista, malgrado le abituali sciocchezze proferite dai famigerati Bergomi e Caressa (sui quali torneremo più avanti) a proposito di una Roma pimpante "che mi sta piacendo molto, Fabio!" e di una "Juve in difficoltà che soffre". In realtà la Juve, nonostante un Tiago in edizione 2007/08 (cioè, con lui si gioca veramente in 10, vero Ranieri?) controlla una Roma povera di idee, qualità e persino di agonismo, creando i presupposti di pericolosità ogni volta in cui Giovinco (che anche stasera dimostra di “vedere” il gioco come pochi, pur con le notevoli carenze fisiche) riesce ad innescare Iaquinta (da diverse settimane l’attaccante bianconero più in forma del lotto) o Salihamidzic, uomo ovunque che agisce sulla destra ma che non disdegna di accentrarsi e supportare Del Piero, a sua volta apparso in crescita rispetto alle ultime esibizioni, gol mangiato a parte. Buoni segnali da Poulsen, finalmente con gli stivali da combattimento (senza tacco a spillo), lucido e attento davanti alla difesa, e una sensazione di controllo che nemmeno lo sbandamento che regala la gioia del gol al discusso (dai suoi tifosi) Loria (tra l’altro juventino dichiarato), crea apprensione sul destino della partita, in quanto la Juve non perde mai il filo della gara e ritrova subito il vantaggio con Vincenzone. L’episodio scatena, sia in diretta ad opera di Caressa e Bergomi, sia nel dopopartita con gli opinionisti in studio e i tesserati giallorossi in collegamento, una serie di considerazioni su quanto il gol del 2-1 sia stato “fortunoso e decisivo”. Peccato che la partita sia finita 4-1 e che il passivo per gli uomini di Spalletti avrebbe potuto essere ben più pesante, anche in considerazione del fatto che ad un certo punto la Juve ha tirato i remi in barca, giochicchiando una specie di “torello” agonistico tra gli “Olè” del pubblico bianconero. E forse, è più umiliante questo atteggiamento di un punteggio tennistico. Bene. Menzione per Chiellini e Mellberg, con lo svedese in versione talismano per le trasferte di campionato contro le romane (due incontri, due gol fondamentali in fotocopia). Infine, una citazione per quel Signore che dovrebbe ritirarsi a fine stagione, ma che fortunatamente sembra stia lanciando messaggi distensivi in tal senso: Pavel Nedved. Il Biondo è entrato con la solita voglia andando in gol con una meraviglia “da Nedved”; se dovesse rinfoderare i propri propositi di abbandono e sposare la causa di una gestione mirata agli appuntamenti clou, inutile dire che ci sentiremmo tutti più tranquilli. Esulando dai fatti del campo, siamo purtroppo a rimarcare, per l’ennesima volta (e come promesso in precedenza), l’atteggiamento dei signori Bergomi e Caressa. Ci sono almeno sette buoni motivi per rimarcare la malafede del dinamico duo microfonato. Primo episodio: in apertura di match, Giovinco si libera a centrocampo e si lancia verso l’area giallorossa; Menez lo prende con un’entrata da dietro e Rocchi risparmia al francese un cartellino giallo stretto parente di quell’arancione del quale oggi si parla tanto. “E’ il primo fallo”, la giustificazione dei due sulla decisione del direttore di gara. Secondo episodio: Del Piero si fa largo al limite dell’area e viene atterrato energicamente dai difensori romanisti, in pesante sovrannumero. “Non c’è nulla, Fabio”. Ma anche no. Terzo episodio: Menez supera Grygera ma simula in maniera palese, meriterebbe un giallo sacrosanto ma si sorvola. Perché? Nulla di scandaloso, secondo i due inseparabili rosiconi. Quarto episodio: Menez viene ostruito da Grygera e tra gli ululati dello stadio Caressa si appella allo stesso metro di giudizio applicato sul precedente intervento dello stesso francese ai danni di Giovinco. Fermo restando come Caressa sottolinei più volte come questo fallo fosse meritevole di ammonizione. Quinto episodio: Chiellini respinge con le gambe una conclusione ravvicinata di Tonetto, e Caressa urla: “lo voglio rivedere!”, frase che solitamente rappresenta un cavallo di battaglia del degno compare Bergomi. Il commento sul replay, che chiarisce la totale pulizia dell’intervento, è un concentrato di frustrata delusione romanista. Sesto episodio: Loria sbilancia Giovinco lanciato in contropiede, e il fantasista cade; Rocchi finalmente estrae il cartellino giallo tra le proteste dei telecronisti, che giudicano accentuata la caduta del giovanotto bianconero. Settimo episodio: Il gol del vantaggio juventino, firmato Iaquinta sortisce l’effetto di rivelare la spudorata fede calcistica di Caressa, che se la prende con la mollezza di “Barbie” Mexes in un contrasto perso (rivelatosi decisivo per la costruzione dell’azione del gol), urlando “Ma come si può entrare così, Mexes!”, con la stessa enfasi propria del tifoso “daatribbunamontemmario”. Ci portano bene, vederli rosicare non ha prezzo, ma certe telecronache fanno veramente schifo.

 

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