The Italian Flop

coppaLa Champions League continua a parlare inglese. L’”italian job” si risolve in un trionfo a favore delle squadre britanniche, per il secondo anno consecutivo. 12 partite in due stagioni, 14 gol inglesi, 3 gol nostri (i 2 della Juventus segnati ieri più quello della Roma di stasera), 6 qualificazioni a zero. Quasi una parodia della celebre battuta fantozziana su Italia-Inghilterra “si diceva che l’Italia stesse vincendo 20 a 0”, ma al contrario. Non c’è che dire; a parte la miracolosa vittoria del Milan nel 2007, il nostro calcio post-calciopoli può circolare con le stampelle (cit.) in giro per il continente. La Juventus si è presentata in condizioni improponibili all’appuntamento più agognato, e non per colpa dei giocatori, bensì a causa di una sciagurata programmazione; anzi, meglio dire una non-programmazione tecnica e atletica. Ma delle tre, in rapporto alla forza dell’avversario, la Juventus è quella che ha fatto, nonostante tutto, la figura meno “ridicula” nel doppio confronto. Confermati i problemi cronici, facciamo i doverosi complimenti a Ranieri per la dichiarazione “ci servono rinforzi per competere”. Al 10 marzo, una frase del genere è sicuramente un’iniezione di fiducia pazzesca per un gruppo che starà pur rendendo oltre le proprie possibilità, ma per l’ennesima volta ascolta il proprio mister complimentarsi con gli avversari (ora “corazzate”, ora “portaerei”) e ridimensionare il materiale a disposizione. E non è la prima volta che ciò accade. Il dogma è sempre il solito: ricordiamoci che la Juve due anni fa era in serie B… Bisognerebbe mandare Ranieri a quel paese, con un termine dialettale nella lingua a lui più cara che rende bene l’idea… Prima ancora che i rinforzi, a nostro parere, servono una società juventina e competente, e già che si è in ballo, non guasterebbe nemmeno avere un allenatore serio, con uno staff all’altezza. Come quello del Chelsea di Hiddink (tre settimane di lavoro, squadra trasformata) che va avanti. L’Arsenal fa lo stesso, passando per l”Olimpico” romano, dove una Roma rattoppata (come i rivali, del resto, ma per i media italiani, romani in particolare, contano come sempre solo i guai “de noantri”…) arriva fino ai rigori ma cede ai londinesi che ora potranno pensare di infastidire squadre più forti dal prossimo turno, giovandosi dei rientri di Fabregas e Adebayor. Nulla a che vedere con le assenze giallorosse? Beh, certo, “chevvuoicheccefreghiddefabbregas”? I “gunners” meritano la qualificazione nell’arco dei 210 minuti più i penalties, non ci piove. Poi ci sono loro, quelli che “binconosensarruvare”, prontamente tornati sulla terra appena sbocciano le violette, nonostante i soliti proclami sul “quest’anno sarà diverso”. Certo certo, come no! Noi dubbi non ne avevamo. Se per giallorossi e bianconeri si può parlare, in parte, di coincidenze sfortunate, dovute ad incidenti in serie e ad episodi sui quali la Dea Bendata ha privilegiato gli avversari, nel caso degli Onesti chiamare in causa la malasorte è come minimo azzardato. Perché per un Traversinovic e un Adripalo, stretti parenti dell’ormai celebre Palotelli, ci sono almeno 180 minuti giocati da una squadra, il Manchester United, che dà all’Inter un’autentica lezione di gestione della partita, di controllo dei ritmi e di calcio semplice e ragionato, con alcune concessioni all’accademia ma sempre funzionali al collettivo. Vedere Cristiano Ronaldo e Rooney spaventare la difesa dell’Inter e al tempo stesso sacrificarsi in copertura con la grinta e il nerbo mostrati stasera fanno capire quanto il calcio del futuro sia quello applicato da un signore prossimo alla pensione, contrariamente a quello che pensano le geishe di Mourinho, che in tutta risposta si vedono affibbiare il poco onorevole titolo di “prostitute intellettuali”. Se il Man Utd ha i due satanassi succitati, più Giggs e Berbatov (centravanti di nome, ma regista offensivo di fatto), l’Inter ha Palotelli, indicato dal portoghese come “futuro dell’Inter con Santon” . Supermario passa la serata a nascondersi, salvo riapparire per sfidare, a parole, Ronaldo. Come all’andata, quando gli diede del tuffatore. Da che pulpito! Il mago Ibracadabra, invece, idolo e totem incontrastato del popolo nerazzurro, l’uomo che tutti attendevano alla gara della svolta, prova a far sparire il pallone agli avversari, ma, come succede da sempre in Europa, resta vittima del suo stesso incantesimo. E sparisce lui. Maicon sembra subire l’effetto-Canalis e da qualche tempo viaggia con le bombole d’ossigeno sulla schiena: qualcuno gli spieghi che sono scariche. L’indomito capitano di mille battaglie “Sanetti” come sempre, quando la tensione sale, si limita al compitino. Forse sarà l’umidità delle serate inglesi, che rischiano di comprometterne il ciuffo al quale tiene tanto. Però ce lo ricordiamo uguale nella gara di Milano… Boh? Non parliamo dell’emotivo Stankovic, un altro cui la tensione mette ansia e sembra sempre trasfigurato: calma ragazzo, non lo sapevi 5 anni fa a cosa saresti andato incontro? Infine Mourinho, che, ingaggiato come uomo ideale per conquistare a mani basse la Champions League, è uscito come il suo predecessore agli ottavi, e frega poco che il Manchester United fosse campione di tutto (a proposito: dopo 4 anni la squadra detentrice supera gli ottavi: ci voleva l’Inter a sfatare anche questa maledizione). Fu proprio Mourinho a reclamare il grande avversario, una volta concluso ingloriosamente il "ridiculo" gironcino autunnale. L’unico motivo di vanto è che, per una volta, ci siamo risparmiati risse, espulsioni o dichiarazioni deliranti. In questo, almeno, c’è stata un minimo di dignità. Lo Specialissimo è di fatto estromesso dalla Coppa Italia (specialità di Mancini) e ha meno punti rispetto alla scorsa stagione in campionato. In più, la squadra gioca un calcio incomprensibile nonostante lo stipendio (suo) e il dispendio (di Moratti). Ma state tranquilli, siamo solo all’inizio, perché il caro Josè nel dopo partita ha dichiarato “vinciamo lo scudetto... sicuramente” (che differenza con Ranieri, eh?), ma ha aggiunto una frase sibillina: “La squadra ha dato tutte sue possibilità... per vincere Cempionslig ci vuole qualcosa diverso… non si vince con un “click”… ora io devo parlare con sosietà y presidente con mio cuore e dire quello ki serve per vincere Cempions lig”. Tradotto: Caro Moratti; se ieri ti ho chiesto Quaresma e Mancini, e ti ho fatto spendere l’impossibile, stavolta ti rovino. Un genio.

Per il resto, la kermesse continua con 4 inglesi, 2 spagnole, 1 portoghese e 1 tedesca.

Il Barcellona tritura il Lione dispensando gioia e amnesie: squadra imperfetta per definizione ma in grado di distruggere chiunque quando i suoi fenomeni entrano in stato di grazia. Messi, non prendetemi per pazzo, somiglia sempre di più a Maradona: stasera gol numero 29 in stagione, ancora alla Dieguito, dribblando mezza squadra e chiudendo con un tocco dolcissimo. I conti li faremo a fine carriera, e valutando anche i risultati che “El pulga” otterrà con l’”albiceleste”, ma il paragone sembra sempre meno blasfemo. Il Villarreal aggiusta il pronostico che in casa propria aveva sorprendentemente fatto pendere la bilancia dalla parte del Panathinaikos, ma scommettiamo che tutti si augureranno di trovarlo ai quarti? Detto del Bayern, che ha passeggiato sullo Sporting Lisbona (portoghesi in pigiama per 180 minuti, e non solo per via di quelle maglie orrende), rimane il Porto che spedisce fuori ciò che rimaneva di Madrid, già in lacrime da ieri sera per via della scoppola rimediata dal Real a Liverpool, con i “reds” che, nelle competizioni di questo tipo, restano ancora i favoriti per il successo finale, per DNA, per struttura di squadra e per uomini. Anche più di Barcellona e Manchester United.

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