Adesso parlatene voi

gazzettaScatta l'indulto 'sto cazzo.
Mi scuso con i lettori di VENTI9 e di ju29ro.com se comincio l'anno così sottotono, in versione buonista, ma la sentenza di primo grado del processo Gea non può lasciare indifferenti, e siccome vantarsi dietro al solito "noi l'avevamo detto" servirebbe solo ad attaccare il primo bigliettino con su scritto "asino" sulla fronte del romaninterista di turno, lo farò. Non leggete, non sapete, ma parlate: asini, appunto.
Consideriamo che il processo ha avuto, nel ruolo di accusatore, il presidente dell'ANM Luca Palamara. Un dettaglio non proprio trascurabile.
Palamara aveva chiesto sei anni di galera per Luciano Moggi, più una serie di pene "a scendere" per tutti gli altri imputati, in ragione della associazione a delinquere ipotizzata al termine dell'inchiesta romana sulla Gea World, nata da una costola della madre (un po' vacca, a dire il vero) di tutte le inchieste, ossia quella che porterà i pm della procura partenopea Beatrice e Narducci a imbracciare il fucile (fucile giocattolo: scommettiamo?) e scendere nella trincea del processone dei processoni al via il prossimo 20 gennaio a Napoli.
Con l'assoluzione in primo grado di tutti gli imputati, esclusi Moggi padre e figlio, l'accusa di associazione a delinquere è crollata, non sussiste. Tradotto: la Gea non operava in modo illecito. Nel frattempo, però, la Gea World è stata sciolta manco fosse un covo di terroristi, e nonostante i suoi ex componenti abbiano continuato a fare il proprio mestiere con lo status di persone innocenti sancito ieri in maniera definitiva anche dalla sentenza, da oltre due anni il solone di turno, a volte tinto di rosa confetto a volte tinto e basta, non ha rinunciato a dire a giorni alterni che nel calcio girano sempre gli stessi personaggi, che nonostante calciopoli abbia svelato i veri delinquenti, non è cambiato nulla. Trattandoli, gli ex soci della Gea World, come appestati a prescindere. Roba da Buzzurrolandia dopo un golpe.

Lo scenario è il seguente: mettiamo che il presidente degli oncologi (non "un" oncologo qualsiasi, sebbene il valore di una carica prestigiosa e non solo formale - lo so - non vada tradotto in valore assoluto del professionista, ma ci siamo capiti) pubblichi un lavoro scientifico nel quale afferma di avere scoperto un nuovo micidiale tumore dell'intestino. E mettiamo che la comunità scientifica, dopo avere studiato e valutato quel lavoro, giunga alla conclusione che quel micidiale tumore all'intestino sia in realtà poco più di un volgare attacco di cagotto dovuto a una porzione di tiramisù scaduto. Che facciamo, presidente?
Non che mi interessi intraprendere la strada della terapia sedativa degli umori dei pm, magari a cominciare dalla capacità di scindere la propria fede calcistica perennemente alluvionata dalle straripanti acque dei più forti, ma che in Italia esista un problema di serenità anche fra i magistrati credo sia davanti agli occhi di tutti. Non sarà fico parlare di Palamara come lo è parlare di De Magistris, ma al netto delle mode e delle tendenze sarebbe il caso che qualcuno inziasse a farsene carico.

Un pensiero particolare mi sento di rivolgerlo infine a Lupo De Lupis alias Paolo De Paola, direttore di Tuttosport che ai tempi di calciopoli e della Gea assassina faceva il vice direttore del quotidiano color Tenerone. Sul numero in edicola oggi firma un editoriale dal titolo "E ora riparliamone".

Noi non abbiamo mai smesso di farlo e lei lo sa, caro direttore. Anche per questo, da due anni e mezzo e credo ancora per un bel pezzo, dovrebbe vergognarsi.