Le interviste di Sky: Matarrese straccia tutti

Antonio MatarreseIn questi giorni senza calcio giocato l’emittente di Murdoch sembra proprio non voler rinunciare a nulla. Da Moratti a Petrucci, da Abete a David Beckham, fino a giungere a lui, l’immarcescibile Tonino, tutti i personaggi del momento sono passati davanti alle telecamere del magazine della tv satellitare. Abete sembrava un alieno scaraventato su quella poltrona per caso, tipo “L’uomo che cadde sulla Terra” (ci perdonerà il grande David Bowie per l’ingeneroso accostamento), persino da libro “Cuore” quando accennava alla questione relativa al passaporto di Amauri “, che è ormai in dirittura d’arrivo, pochi giorni e la pratica verrà risolta: "sogno Amauri in Nazionale con Camoranesi”. Tempismo perfetto; non più di 48 ore dopo Dunga, che il brasiliano della Juve non se l’era mai calcolato, entra in gioco e lancia segnali al bomber bianconero, il quale, puntualmente (e legittimamente) dichiara di non essere insensibile al richiamo della Seleçao.
Petrucci
, invece, assomiglia sempre di più al classico politico d’altri tempi (e forse anche di quelli attuali...): stipendio dorato, potere decisionale da far valere a seconda dei propri interessi e per il resto, spazio alla “corte” che si deve occupare delle singole federazioni. In pratica: i meriti sono miei e le colpe dei fallimenti sono dei dirigenti federali.
Non ci eravamo ancora fatti la bocca con David Beckham (presentato il giorno stesso in cui il Milan lasciava lo scettro di campione del mondo al Manchester United; se non è una genialata di marketing questa), ma soprattutto non se l’era fatta Ilaria D’Amico (sorpresa a sbavare di fronte all’ex capitano dei Leoni come un ghepardo davanti ad un’antilope), che il giorno dopo ci toccava l’intervista a Moratti. Della serie David il Bello (le signore ne vanno pazze, ma anche i gay, per i quali il marito di Victoria è una vera e propria icona) e Massimo il Brutto.
Il Brutto, già agghiacciante di suo per l’aspetto non certo hollywoodiano, si fa intervistare con due reperti archeologici sullo sfondo, reperti risalenti con tutta probabilità all’età del bronzo. Ci spiegano che sarebbero le due Coppe dei Campioni (in versione mignon o, se preferite, vaso da tavola per fiori secchi) vinte dall’Inter di suo padre, quando Massimo l’Onesto aveva appena raggiunto l’età per la patente, ma l’opacità del metallo e le scritte sbiadite su quelle anfore fanno pensare che la supposizione di carattere archeologico sia la più credibile.
Chi mancava? Il Cattivo, ovvero l’eterno Tonino Matarrese, che, utilizzando la solita disinvoltura da uomo navigato che gli è propria, analizza i vari aspetti emersi in questa prima fase del campionato italiano. E lo fa con la stessa credibilità che avrebbe Jimmy il Fenomeno se venisse chiamato a discettare di fisica nucleare.
L’ex presidente FIGC, ex vicepresidente UEFA, ex di tante cose ed attuale presidente della Lega calcio si presenta con un incipit autorevole: "I presidenti di calcio sono come i ragazzini", aggiungendo: ”A volte fanno delle marachelle, ma io intervengo e tiro le orecchie”. Applausi! Da vecchio saggio del movimento (per uno che si professa paladino del Nuovo Calcio è una contraddizione che cogliamo solo noi?) Tonino bacchetta i presidenti di serie A, a partire dai Della Valle che “ringrazio sempre" anche se colpevoli di, "non partecipare al lavoro di Lega, anche se guardano al calcio con curiosità e sono anch'io curioso di vedere dove arriverà la loro Fiorentina”, mentre per Pulvirenti usa il bastone e la carota, dichiarando quanto lo vorrebbe “aiutare a ritrovare quella serenità che è giusto che abbia una società di una piazza del Sud, che ha vissuto momenti di grande tormento, e ci tengo a sanare questa parte che non brilla in maniera assoluta”. Poi è il turno di Preziosi, a proposito del quale Don Tonino ci regala un’altra perla delle sue, fatti i doverosi complimenti al Genoa: “mi spiace che Preziosi si sia trovato in quella situazione che sappiamo, ma non voglio fare processi a nessuno”. Abbiamo sentito bene? Matarrese che non vuole fare processi a nessuno? Non è lo stesso Matarrese che da due anni va sbandierando di come il suo Nuovo Calcio (ribadiamo, Tonino gira e rigira in questo ambiente c'è da almeno 35 anni) si sia liberato del Male di certi soggetti tuttora incensurati? Preziosi qualche piccolo problema con la giustizia (non solo sportiva, peraltro) l’ha avuto se non ricordiamo male. Ma, come si sente dire in giro con sempre maggiore insistenza, guardiamo avanti e arriva, quindi, il turno di De Laurentiis, etichettato come uno che: ”…è entrato nel calcio con una determinazione e un modo di affrontare i nostri problemi che infastidivano me e anche i nostri colleghi, ma devo dire che adesso si è reso conto che ci sono delle regole che non sono quelle della cinematografia ed è diventato un presidente da prendere come esempio in una città come Napoli dove il calcio ha una funzione sociale importante. Io per questo sono rimasto in Lega, perchè faccio qualcosa di buono per il nostro paese, non solo per il calcio”. Dunque, tralasciando la funzione di benefattore Nazionale di Matarrese che è forse la parentesi più esilarante di tutta l'intervista, par di capire che De Laurentiis inizialmente non piacesse a nessuno dei rappresentanti del Nuovo Calcio Pulito. Poi cos’è successo? Cos’è cambiato in lui tanto da fargli capire che nel calcio “ci sono delle regole che non sono quelle della cinematografia”? A noi sovviene lo sfogo di un De Laurentiis sdegnato nel post partita di quel famoso Milan-Napoli di qualche giornata fa. Dopo averne dette di ogni colore sull’arbitraggio e sul sistema calcio concluse così: “Ho capito che nel calcio va in un certo modo, è uno spettacolo e io sono uomo di spettacolo. Se queste sono le regole mi adeguo…”.
Ognuno interpreti le cose come gli pare. Di certo Tonino è un fiume in piena, un cattivo che, forse perché è Natale, si trasforma in padre generoso e speranzoso di riabbracciare presto Zamparini e Garrone, che attualmente sono in rotta con la Lega, e si complimenta con Rosella Sensi “perchè avendo vissuto la tragedia familiare della scomparsa del padre, ha dimostrato di avere gli attributi; è tenera fuori e dura dentro". Miele a profusione su Lotito, “è il più effervescente, di una intelligenza immensa e grande abilità”; coccole a Galliani, “non reagisce più come una volta, è diventato saggio” e (potevano mancare?) a Moratti: “è sempre questo gran signore che c’è ma non si vede”.
A parte il fatto che ne abbiamo le scatole piene di queste scemenze su Moratti, ma che cosa significa questa frase? C’è ma non si vede? Mica è l’Uomo Invisibile, noi purtroppo lo vediamo benissimo ogni domenica, e non solo. E perché a proposito di Roberto Mancini, cacciato in quel modo dal “gran signore” bisogna dire ulteriori nefandezze? Leggete: "Mancini è un ottimo allenatore ma nel calcio c’è un momento nel quale bisogna avere il coraggio, la dignità e l’orgoglio di dire 'per il momento mi tiro fuori'. La storia di Mancini è ancora da scrivere anche se già quello che ha fatto fino ad ora è da applausi".
Cioè, avete capito? Mancini, l’unico che in un modo o nell’altro in questi anni ha portato qualcosa nella bacheca degli Onesti, doveva avere la dignità e l’orgoglio per chiamarsi fuori? Siamo al ridicolo. O forse no, se si interpreta la cosa come un avvertimento al “ciuffo jesino” nell’affrettarsi a trovare una squadra e liberare il Presidentissimo dall’oneroso ingaggio.
L’unica verità triste e condivisibile raccontata da Matarrese rende l’idea di come viene considerata la Nuova Juve 2006, nella persona del suo presidente Cobolli Gigli, il quale “…ha imparato il mestiere, quando è entrato da noi si trovava in un mondo non suo, adesso è preparato, scrive, fa domande a volte critiche ma produttive”. In sostanza, il ritratto che esce di Cobolli è quello di uno che non capisce un tubo ma del quale non puoi parlare male fino in fondo perché c’è il rischio che venga sostituito da uno con gli attributi che potrebbe far saltare il banco degli “amici”. L’intervista volge al termine e il grande cuore di Tonino si mostra in tutta la sua purezza quando esprime un concetto altissimo, un concetto da vero Signore Illuminato quale Matarrese si sente di essere: “Vorrei concludere questo progetto di grande rilancio. Io non devo fare carriera (questa è enorme!) e quando mi dicono "vuoi andare in federazione?" io rispondo che siamo noi la federazione”.
Esilarante. Ovvero; a me far carriera non interessa, ma Abete sappia che comandiamo noi, cioè io. E rincara la dose di buonismo con: “Quando sono arrivato, si stava dividendo la A dalla B e io ho detto che me ne sarei andato. Il Consiglio di Lega ha approvato questa distribuzione formale tra la A e B. È servito a non parlare più di scissione, oggi il calcio è qui, nel rispetto delle altre componenti, lega Pro, Lega dilettanti e Federazione. I presidenti hanno seguito i miei suggerimenti, uscirò in punta di piedi come sono entrato. Quando sono arrivato non si sapeva se il campionato potesse partire e oggi è partito e va lontano.” Dove vada, in realtà lo immaginiamo...
Da quanti anni Matarrese è pronto ad andarsene? Dopo Carraro, è sicuramente il dirigente cui la definizione di “Poltronissimo” calza più adeguatamente.
Viva il rispetto delle componenti e di tutte le istituzioni. Viva Matarrese. Quello che sta cercando di sanare il nostro calcio tramite eque distribuzioni di soldini. Per dirvene una sulla coerenza del soggetto, ricordiamo un fatto, una storia vera: anni fa, si era nel 1991, la Federazione interruppe la regola storica secondo la quale l’allenatore della Nazionale veniva scelto fra quelli in forza ai quadri tecnici federali. Ebbene, l’ingaggio di questo allenatore fece scandalizzare l’intera Nazione per la cifra stabilita, che oltrepassava il miliardo di vecchie lire, cifra allora assolutamente astronomica se rapportata alle paghe di allenatori federali e di clubs. L’allenatore in questione è il principale paladino dell’etica calcistica odierna: Arrigo Sacchi. Colui che arrivò ad offrire una simile cifra per ingaggiarlo era il presidente della FIGC di allora.
Un certo Antonio Matarrese.