Anche in Calciopoli sarebbe servito rispetto

petrucciA Petrucci non è andata giù: e il giorno dopo il 'gran rifiuto' di Mario Monti il numero uno del Coni ha lanciato 'al mondo dello sport' la sua reazione amareggiata. Una reazione che si apre con toni addirittura drammatici: "Oggi è un giorno triste nella storia dello sport italiano". Per fortuna poi il resto è più rassicurante: si tratta solo di un'Olimpiade mancata, null'altro; in base alla decisione del competente in materia Mario Monti; decisione peraltro condivisa anche da buona parte degli italiani che in questo momento vivono ben altre angosce di tutti i giorni. Dopo un excursus sulla storia dei lavori del comitato per Roma 2020 e dopo un accenno di scaricabarile sulle responsabilità delle precedenti esperienze negative (responsabilità che vengono ricondotte a non meglio precisate "autorità che via via hanno preso tali decisioni, decisioni che lo sport ha finito sempre col subire"), arriva il grido di dolore, anzi, più che altro un j'accuse: "Avremmo meritato una maggiore considerazione ed un maggior rispetto, che non c'è stato e di questo siamo sinceramente rammaricati, almeno per quanto attiene ai tempi e alla forma".

Ora a prescindere dal grado di rispetto ottenuto (il lavoro del Comitato non è stato affatto disprezzato dal presidente del Consiglio, che ha però fatto prevalere considerazioni di altro ordine), è troppo facile chiedere rispetto senza interrogarsi se di questa virtù si sia in prima persona data prova: e il mondo dello sport (leggasi giustizia sportiva) nei confronti della Juventus non ha manifestato rispetto.
Non l'ha manifestato nel 2006, quando l'ha condannata in modo frettoloso, in base ad analisi che avrebbero senz'altro dovuto essere assai più complete e approfondite (lo riconosceva il documento del Coni stracciato dal Tavolo della Pace, ed è emerso in modo lampante dagli esiti del processo di Napoli); non vale nulla l'alibi che la Juventus di allora poco abbia fatto per procacciarsi questo rispetto (al di là della pseudodifesa di Zaccone, il club bianconero si fece convincere da Montezemolo, son parole di Blatter, a non ricorrere al Tar): il rispetto infatti è qualcosa che ciascuno deve avere dentro di sé, chiunque abbia di fronte, autorevole o debole che sia; altrimenti non è più rispetto, ma mera sottomissione alle logiche di un potere più forte.
Non ha avuto rispetto per la Juventus il Consiglio Federale della Figc che il 18 luglio si è nascosto dietro l'incompetenza pur di non riconoscere l'errore commesso nel 2006 da Guido Rossi (messo lì, con tutta l'inopportunità del caso, visto il suo passato acclaratamente nerazzurro, proprio dallo stesso Petrucci e dalla giunta esecutiva del Coni).
Non ha avuto rispetto per la Juventus il Tnas, organo del Coni, che si è nascosto anch'esso dietro l'incompetenza avallando la posizione assunta dalla Figc che procedeva a braccetto, addirittura di conserva, con l'Inter.
Non ha avuto rispetto per la Juventus in fondo nemmeno lo stesso Petrucci quando, di fronte alle legittime iniziative assunte dalla Juve per tutelare i suoi interessi, ha gridato al doping legale, quasi a voler far passare per guerrafondaio ("Non so se sia giusto aver dato quello scudetto all'Inter, non sta al Coni dirlo. Le regole però sono state rispettate e per il Coni il discorso è chiuso. Chi lo vuole riaprire creerà problemi alla serenità del calcio") un club che non fa altro che chiedere giustizia, percorrendo prima tutte le vie interne alla giustizia sportiva e poi, non venendo nemmeno gratificato di una decisione nel merito, ma venendo semplicemente rimbalzato con un'incompetenza a tutti i livelli, ha deciso che il 'circolo della caccia' di sandulliana memoria, in fondo si trova in Italia e in Europa, alle cui leggi deve necessariamente sottostare. Ci saranno dei giudizi,che anche il circolo della caccia dovrà rispettare, anche quel Giancarlo Abete che 17 novembre, accorso a supporto del fido Petrucci, dopo essersi trincerato dietro il dogma che "chi va al di là dei regolamenti sportivi commette un vero e proprio atto di violenza", concludeva: "Esiste chi giudica e chi giudica va rispettato. E' una cosa che a me hanno insegnato da bambino, agli altri forse non l'hanno insegnato". Vedremo se questi insegnamenti ricevuti da bambino gli saranno utili per accettare eventuali pronunce contrarie (quand'anche fossero sanguinose) della giustizia ordinaria, cui si accede in maniera del tutto pacifica, senza nessuna violenza, ma armati solo delle leggi della comunità civile.
Tutte queste date, per lo sport italiano, sono tristi altrettanto quanto il 14 febbraio.
Sono il sintomo di un male oscuro che si preferisce non curare perché la medicina è amara e la cura dolorosa.
Perché se non è lecito associare puntualmente le manifestazioni sportive a scandali e malaffare, è doveroso anche sanare le piaghe: il calcio, ad esempio, dopo il 2006 non è affatto così pulito come si vuol far credere; un esempio clamoroso sta nel fatto che, mentre si predicava che, una volta chiuso il mostro Moggi nella sua metaforica gabbia, tutto era limpido, c'era chi si vendeva le partite col calcioscommesse.
Perché gli errori arbitrali ci sono ancora, e a senso unico, solo che, per dirla con Conte, è girato il vento. O forse no, è stata tutta una farsa.

Ah, per tornare sull'incipit della lettera, "Oggi è un giorno triste per lo sport italiano": guardando a quel futuro che tanto piace al numero uno del Coni, e armati di quell'ottimismo che lui ha spesso elargito a piene mani prima di cominciare a cozzare contro la realtà dei fatti, potremmo vedere l'altra faccia della medaglia: "Oggi è un giorno nuovo per lo sport italiano". Chissà mai che l'ennesimo scacco, pur edulcorato da parole di apprezzamento per il buon tema svolto, ma inevitabilmente sintomo di una diversa valutazione sull'impatto del progetto sulla realtà italiana (di oggi, ma anche del futuro prossimo, visti gli esiti di un passato recente e meno recente), non affretti quel sempre più indispensabile e urgente ricambio di persone ai vertici dello sport italiano, per passare dal periodo giurassico (quello popolato dai dinosauri, per intenderci) ad un presente (accettato in tutte le sue sfaccettature, perché è troppo facile guardare solo la faccia buona) volto verso un futuro che abbia una consistenza che non sia quella impalpabile propria di un 'sogno'.
Forse allora sarebbe il futuro ad essere un po' meno triste.