Cinque parole e una virgola

rassegna stampaTra le note a margine di questo mondiale di calcio c’è sicuramente la visita del campione dei Lakers Kobe Bryant in Sudafrica, un po’ per impegni di sponsor, un po’ per seguire la nazionale statunitense. Lunedì su Repubblica Maurizio Crosetti riporta come il campione dell’NBA abbia trovato anche il tempo anche per soffermarsi a parlare di calcio, e in particolare di calcio italiano, dal momento che avendo vissuto da giovane per un periodo in Italia, la sua famiglia è venuta naturalmente a contatto con la realtà sportiva più seguita nel nostro Paese.
Argomento sensibile per i giornalisti di casa nostra, e si capisce immediatamente.
Riporto fedelmente una parte dell’articolo di Crosetti sulle dichiarazioni di Bryant:
“Poi si è concesso alla curiosità onnivora dei giornalisti del pallone, si è prestato al gioco e ha dato ragione un po' a tutti parlando bene di chiunque, pareva Veltroni imitato da Crozza: «Da piccolo tifavo Milan e un giorno ero Van Basten, un giorno Maldini, un altro Baggio. Ma anche Maradona l'ho amato molto, invece mio padre Joe era interista e mia sorella juventina». Prima di Calciopoli, si suppone.”
Che le parole del campione non andassero del tutto a genio al giornalista di Repubblica era chiaramente intuibile dalla premessa con similitudine annessa e connessa (perdonate il gioco di parole), per di più nemmeno con Veltroni medesimo, ma con la sua imitazione!
Comunque in questa sede voglio soffermarmi sulla chiosa finale, gratuita quanto significativa.
Perché in queste cinque parole e una virgola c’è tutta Calciopoli a livello mediatico.
C’è l’occasione, buona come un’altra, di tirare in mezzo la Juventus, anche quando non c’entra niente, per parlarne male, per ribadire comunque che la Juventus “rubava”, anche se magari si sta parlando di tutt’altro, magari delle dichiarazioni di un giocatore di basket, per esempio…
D’altra parte una frasetta buttata lì è un modo efficace per far passare un messaggio, specialmente se fuori contesto, mentre il lettore è concentrato su altro e non intende aprire un lungo discorso su una materia assai complicata come Calciopoli solo per una frase.
E poi c’è il messaggio di fondo, il significato intrinseco e logico, di queste citate parole. E cioè che dopo Calciopoli non si può tifare Juve. Poco importa se le colpe esistono o no, o che si sia espiato oppure no. Si intravede quell’idea che identifica nella Juventus il male assoluto del calcio, la corruzione di un intero sport, il cattivo più cattivo che c’è. E che come tale non può essere tifato, e non può nemmeno usufruire del beneficio della redenzione. Il sogno di molti tifosi che vivono di odio verso questa squadra, vederla abbandonata completamente dai propri sostenitori.
Tutto questo, e forse anche qualcosa di più, in cinque parole e una virgola. Quando si dice che ne ferisce più la penna che la spada…
Ad ogni modo sarebbe bello sapere se la sorella di Kobe Bryant tifa ancora Juventus, nonostante Calciopoli. Anzi, sarebbe ancor più interessante conoscere la sua percezione di Calciopoli.
Che non sarà fondata sulle opinioni di Repubblica, si suppone.