Media e tifo /3: La TV

tvA Mediaset l’organigramma è ovviamente a forti tinte rossonere, e nei casi in cui il direttore di rete non sia innamorato del Diavolo (è il caso del direttore del Tg5 Clemente J. Mimun, laziale), è comunque buona cosa non parlar male del Milan. Quando proprio non se ne può fare a meno (preferibilmente a tarda ora, quando lo share è basso e la palpebra cala…) tutto avviene con commenti edulcorati. La strategia berlusconiana negli anni è stata mirata, un disegno preciso che doveva avere nella Juve il mostro da dare in pasto all’opinione pubblica. Lo disse pubblicamente Sandro Piccinini “parlare male della Juve fa più audience di qualsiasi altro argomento”; e se lo dice uno che ha avuto il padre giocatore della Juve, ma che negli anni ha dato prove di fedeltà alla squadra aziendale, dobbiamo credergli. Le definizioni di “Milan stellare”, “meravigliosi”, “invincibili”, derivano fondamentalmente dagli schermi delle tv berlusconiane, sempre pronte ad elevare oltre misura le imprese del Diavolo. Personaggi come Maurizio Pistocchi (antijuventino e sacchiano di ferro), Matteo Dotto (granata) hanno sezionato per anni le partite della Juve alla moviola, ricavandone ogni giornata presunti episodi favorevoli, in questo aiutati dall’autorevole contributo di due ex arbitri come Graziano Cesari e Paolo Casarin, uomini dai giudizi disarmanti e contraddittori a seconda delle squadre protagoniste degli episodi in esame.

Emblematico il trattamento riservato al primo Ibrahimovic juventino, nell’anno in cui Milan e Juve si giocarono per la prima volta lo scudetto dopo tanti anni, guarda caso l’anno che in seguito è stato oggetto di Calciopoli. Impossibile dimenticare che ogni domenica lo svedese aveva puntata su di sé una telecamera che ne coglieva le minime reazioni, e che l’ormai celebre squalifica che Zlatan subì prima del decisivo scontro diretto tra le due rivali (poi vinto dalla Juve di Capello anche senza lo svedese) fu comminata in seguito all’esame di immagini fornite da Mediaset. Non c’è che dire; un altro “covo” all’interno del quale il “sentimento popolare” ha trovato terreno fertile. Che la Juve per la galassia Milan fosse il vero nemico, lo si evince da un’intervista di molti anni fa a Paolo Maldini, nella quale il totem rossonero dichiarò che Berlusconi, più che vincere i derby per la supremazia cittadina, teneva particolarmente alle partite contro la Juventus, la vera rivale. Una rivale che doveva essere battuta con ogni mezzo.

I bianconeri erano i brutti, sporchi, “rozzi e muscolari”, mentre in casa rossonera si assisteva al trionfo dell’estetica e dello spettacolo. Almeno secondo Mediaset. Il brutto è che tale bombardamento ha toccato anche le menti di tanti juventini, ai quali la capacità critica evidentemente fa difetto. Il Milan si è macchiato di orrori macroscopici in questi vent’anni, dai fondi neri alla squadra ritirata a Marsiglia per tentare di superare il turno con un “escamotage” che potesse sostituire il risultato del campo, continuando con le 2 stagioni consecutive concluse nella seconda parte della classifica, per finire con la realtà di questa nuova età dell’oro, quella prevalentemente ancelottiana, nella quale i “meravigliosi” hanno vinto 1 scudetto nelle ultime 9 stagioni (quasi 10…).

Ma d’altronde, come si può contraddire i padroni del vapore se, quando qualcuno prova a farlo subisce pubbliche reprimende, come accadde ad Aldo Serena anni fa, quando in diretta venne ripreso telefonicamente da Galliani che, dopo una sfuriata memorabile, vietò all’ex centravanti veneto l’ingresso alle partite del Milan come persona non gradita a San Siro. E tutto questo semplicemente perché l’Aldone aveva dichiarato come l’arbitraggio di quella giornata avesse favorito il Milan. Analizzando la redazione sportiva, partiamo dalla sezione “Curva Sud”, che annovera tre elementi, a cominciare da Carlo Pellegatti (giullare di corte dal linguaggio colorito e da sempre inventore dei “soprannomi” affibbiati ai giocatori milanisti), proseguendo con Luca Serafini (personaggio che trasuda rossonero da tutti i pori) e, dulcis in fundo, Paolo Ziliani (uno da portare ad esempio per i giovani giornalisti, raccomandandoli di comportarsi in modo totalmente opposto). Altri soggetti dall'imparzialità discutibile sono Monica Vanali (certi suoi pareri “illuminanti” su Calciopoli e la relativa colpevolezza juventina parlano per lei), Maurizio Mosca (anti Triade per convenienza e trascorsi, anche se trattasi ormai di personaggio cabarettistico), Davide Dezan (ora in forza a Mediaset Premium, milanista, figlio della storica voce del ciclismo Adriano) e Nando Sanvito (il sosia di Renato Zero, sedicente esperto di mercato con canali privilegiati in Spagna).

Opinionisti di assoluta fede rossonera sono Arrigo Sacchi detto il Moralizzatore, Diego Abatantuono, Giovanni Galli, Filippo Galli, il folkloristico Franco Ordine, il “redento e perdonato” Aldo Serena (forse più rossonero per convenienza che altro, ma tant’è).

Merita un cenno a parte il cerchiobottista Paolo “trash” Liguori, direttore di TGCOM, romanista incallito e feroce antijuventino a prescindere (come Maurizio Costanzo, per anni vero padrone del palinsesto di Canale 5), ma soprattutto uomo che ha fatto dell’incoerenza una filosofia di vita e di pensiero, professionale e politico. Non c’è che dire: Miiiiilan! Miiiiilan! Sooolo con teee! Non vi sembra di sentire quest’inno aleggiare nell’aria? Badate che questo suono non giunge solo dalla redazione sportiva; perché Gerry Scotti, Emilio Fede, e in passato Claudio Lippi, non hanno mai fatto mistero sulle loro simpatie calcistiche. E se sono ben note e ridicole le motivazioni per le quali il direttore del TG4 ha messo nel cassetto la sciarpa bianconera per indossare quella rossonera, l’ultimo baluardo juventino resta Mike Bongiorno (!), al quale fanno da supporto Carlo Landoni, Enrico De Santis, Gianni Balzarini e Edoardo Grassi. Nessuno di loro riveste ruoli di importanza strategica, privilegio che invece tocca a diversi tifosi interisti, come Alberto Brandi, conduttore di Controcampo, Paolo Bargiggia, conduttore di “Domenica Stadio” ed “esperto” di mercato, Bruno Longhi (voce storica prima di Telemontecarlo e poi di Mediaset), Antonio Bartolomucci (leccese ma simpatizzante della Beneamata), Guido Meda (uomo del Motomondiale), e gli inviati Stefano Messina, Marco Barzaghi e Alessio Conti. In quanto al parco-ospiti, in passato era nerazzurra la presenza femminile di “Controcampo”; la “storica” Elisabetta Canalis, attorniata da personaggi quali Riccardo Ferri, Nicola Berti, Evaristo Beccalossi, e, nel recente passato, Enrico Bertolino e Franco Rossi. Un gruppo numeroso che, negli anni immediatamente precedenti e successivi allo scoppio di Calciopoli, divenne talmente consistente da far pensare ad una vera e propria colonizzazione nerazzurra in casa dei “cugini”. Una “colonia” alla quale il popolo bianconero poteva opporre il solo Mughini (coadiuvato in questa stagione da Cristina Chiabotto, sostituta della Canalis) e, molto di rado, Fabrizio Ravanelli o Domenico Marocchino. In questo mare nerazzurro, non possiamo dimenticare Paolo Bonolis ed Enrico Mentana, punte di diamante delle reti Mediaset per anni, spocchiosi rappresentanti dell'area intellettuale "radical chic" del tifo nerazzurro, un'area che comprende registi (Salvatores su tutti), autori (Gino e Michele), cantanti (Mina, Celentano, Elio, Ligabue, Ruggeri, Antonacci, Califano, Vecchioni, la Ricciarelli, Paola e Chiara, Spagna, Pezzali) soubrette (la già citata Canalis, Afef, la Casalegno, la Stefanenko, Luisa Corna e la Clerici), personaggi della finanza (Profumo, Tronchetti Provera) e della politica (La Russa, Cofferati, Epifani, Cossutta), sportivi (Cassina, la Vezzali, Magnini, Valentino Rossi, Cipollini) e attori/personaggi di spettacolo (Aldo Giovanni e Giacomo, De Luigi, Fiorello, Paolo Rossi, Bebo Storti, Gioele Dix, Iacchetti, i Fichi d'India, Lella Costa) e giornalisti come Gad Lerner, Gianni Riotta, Michele Serra e Beppe Severgnini; gli ultimi tre già incontrati nei capitoli precedenti. Sono tanti, eh? Talmente tanti da far dubitare persino sulla veridicità della loro fede, ma non preoccupiamoci molto; per questo c'è Oriali, sempre pronto a recuperare un passaporto o una patente di "interismo" per qualcuno. Come accadde qualche tempo fa con Spike Lee, braccato in giro per Milano e trascinato in sede per la consegna della tessera onoraria numero 40.000, tra gli osanna dei giornalisti alla straordinaria popolarità dell'Internazionale FC, di cui il regista newyorkese si dichiarava tifoso. Peccato che il magistrale direttore di "Mo' better blues" sembrasse un pochino spaesato, e qualche giorno dopo riuscimmo a comprendere il motivo di tali espressioni inebetite: vederlo all'Emirates Stadium confessare il proprio amore per l’Arsenal ci fece capire che la manfrina relativa alla grande popolarità nerazzurra non era altro che una miserabile marchetta.