Altri scandali

Roma: Il Caso Bergamo-Sensi

SensiIl 4 luglio 2005 il quotidiano Il Tirreno esce con un articolo esplosivo su un presunto accordo tra il presidente della Roma Franco Sensi e il designatore arbitrale Paolo Bergamo: il primo avrebbe promesso contratti con la Ina-Assitalia (società assicurativa sponsor della Roma, nella quale lavorava Bergamo) in cambio di una lista di cinque arbitri graditi. Lo diciamo subito, è una vicenda spinosa che ha portato con sé minacce di querele. Al fine di restare fuori da ogni questione, ci limitiamo a riprodurre solo alcuni articoli tratti da quotidiani e riviste, lasciando al lettore ogni eventuale considerazione. Cominciamo con l’articolo originario, quello de Il Tirreno:

ROMA. Parlavano di un’altra bufera, Mario Saporito, imprenditore edile, e l’assicuratore Paolo Bergamo, designatore degli arbitri di serie A e B, amici e livornesi, in quel novembre del 2002. Non si spiegavano perché Igor Protti, artefice di quella squadra appena uscita dall’inferno, dopo una lite con gli ultrà, se ne stesse chiuso nella sua villa di Cecina a pensare se lasciare o meno il calcio giocato. Dal pallone di provincia, si sa, a quello nobile, il salto è breve. Anche perché quel giorno del 2002 Saporito - che qualche giorno fa è stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla polizia giudiziaria - si trova a tu per tu con un personaggio, Bergamo, che nel mondo del calcio vive da sempre e ne conosce tutti i meandri.
Così l’ex designatore si mette a raccontare di una visita fatta un mese prima a villa Pacelli, residenza romana della famiglia Sensi. E mentre nella conversazione l’affaire Protti passava in secondo piano, facevano la loro apparizione ben altri argomenti che sarebbero tornati d’attualità due anni dopo, oggi. Scatenando una bufera.
Bergamo, dunque, racconta all’amico quella visita a Villa Pacelli a casa Sensi: «Ha dei quadri fantastici alle pareti», dice. «Sono dell’Ottocento, varranno 150 milioni l’uno. Mi ha fatto vedere anche quello che vuol regalare al Papa».
Saporito ascolta e Bergamo si sfoga. Non si è ancora scrollato di dosso l’affare degli orologi, i Rolex che proprio Sensi due anni prima aveva regalato per Natale ai 35 arbitri professionisti e che li avevano portati di nuovo in prima pagina. «Uno degli orologi era d’oro, quello regalato al direttore di un importante quotidiano sportivo. E gli altri arbitri, i miei colleghi, a lamentarsi perché ci era toccato solo uno Swatch (così si legge ndr) d’acciaio». Di Sensi e della Roma i due amici parlano e riparlano, anche perché sono i giorni in cui il presidente si lamenta degli arbitraggi che ricorrono più volte nella discussione, anche perché è l’anno in cui la Roma si sente vittima delle terne.
«Quella volta», rivela Bergamo, «Sensi mi parlò di una polizza. Mi disse: lei è assicuratore, vero? Perché io dovrei fare una polizza da due miliardi per una piattaforma petrolifera».
Vai a pensare che sotto il tavolino dell’ufficio di Saporito, in via Marradi 4, a Livorno, i finanzieri avevano piazzato una microspia cercando tutt’altre cose, rivelazioni e conferme riguardo all’inchiesta che si stava conducendo in città sugli intrecci tra politica e appalti.
E invece s’erano trovati nei nastri parole che avrebbero scatenato una tempesta nel mondo del calcio. Tanto da portare il sostituto procuratore del tribunale della capitale, Luca Palamara, ad aprire un fascicolo dove compaiono i nomi di Bergamo e di Franco Sensi, patron della Roma. L’ex arbitro,, sollecitato dal Tirreno, non lo ricorda proprio quell’episodio. «Io conosco Sensi come una persona perbene», ha detto al giornale e al suo legale di fiducia, Sergio Russo. «Come agente generale dell’Ina Assitalia per la provincia di Livorno non ho mai avuto a che fare col presidente della Roma. Contratti con una delle sue società con la mia agenzia? Mai stati fatti». Smentisce amareggiato.
E amareggiato, pochi giorni dopo quelle dichiarazioni, nel luglio scorso, lascia il mondo arbitrale e il suo ruolo di designatore. «Troppi veleni», dirà ai giornalisti che gli telefonano.
Eppure oggi è proprio quello il particolare illuminante che il magistrato romano cerca: la polizza che, secondo l’intercettazione, Sensi avrebbe promesso a Bergamo.
L’arbitro livornese vi accenna mentre parla con Saporito: «Un contratto da due miliardi», specifica. Seicento milioni la provvigione che l’assicuratore ne avrebbe tratto. «Un mese e mezzo dopo mi chiama un amico dell’Ina, uno che conosco da anni e lavora al settore della responsabilità civile. Se mi mette seicento milioni lì non posso mica rifiutarli».
Il registratore va avanti, macina minuti, e quelle parole oggi sono oggetto di un’indagine. Il rapporto della Guardia di Finanza è preciso, ma il magistrato vuole vederci chiaro e verificare se si tratti solo di parole ambigue e di sospetti oppure di episodi più concreti.
Capire, per esempio, perché Bergamo non informò la giustizia sportiva, e soprattutto se e come quel contratto sia stato compilato. In maniera diretta o, come Sensi avrebbe suggerito (lo dice sempre Bergamo nella conversazione intercettata) attraverso un’altra agenzia dell’Ina a Roma e poi fatta arrivare nel pacchetto clienti a Livorno.
Il pm Palamara ha già disposto l’acquisizione agli atti di quella polizza e quindi molte domande avranno presto una risposta. Tutti i protagonisti smentiscono con fermezza. Bergamo, soprattutto, ma anche la Roma, attraverso il suo direttore generale che annuncia querele e azioni giudiziarie contro i giornali che dovessero parlare ancora della vicenda: «Non c’è nessuna indagine, Sensi non è indagato». Un’indagine, invece, esiste, come il “Tirreno” documenta. E va avanti almeno da due anni. Prima è stata la polizia giudiziaria della Finanza a fare accertamenti. Addirittura gli inquirenti hanno fotografato dall’elicottero la piattaforma petrolifera al largo di Civitavecchia di proprietà della Italpetroli, società del gruppo Sensi. E sono anche andati alla ricerca degli eventuali favori che Bergamo avrebbe potuto fare a Sensi. In campo arbitrale, naturalmente, attraverso nomi di giacchette nere gradite ai giallorossi.
Così sono stati passati al setaccio risultati di tutte le partite di quello che fu per la Roma un “annus horribilis” contrappuntato da continui arbitraggi sfavorevoli da prima ancora di quel novembre 2002 e almeno fino alla fine del campionato. Ma anche questo è un nodo che solo il magistrato, una volta completato il lavoro, potrà sciogliere.


La vicenda era stata menzionata due giorni prima da alcuni giornali, ma il tutto si era limitato ad un pour parler. Vediamo cosa scrisse Repubblica il 2 luglio 2005:

Una chiacchierata lunga mezz' ora durante la quale un autorevole personaggio del mondo del calcio parla a ruota libera, fa il nome di cinque arbitri disposti ad accettare regali o somme di denaro, sostiene anche ipotesi di "pilotaggio" di designazioni: è in questa intercettazione ambientale, riassunta in due pagine dalla Guardia di Finanza di Livorno, il nuovo scandalo che scuote il mondo del calcio.
La cimice era stata messa in un ufficio all' inizio del 2002: gli inquirenti livornesi stavano indagando su una storia di tangenti (che ha portato al rinvio a giudizio di quattro persone) e soltanto casualmente si erano imbattuti nella chiacchierata "calcistica". Nella telefonata, oltre a quello degli arbitri, pare sia stato fatto anche il nome di Franco Sensi, presidente della Roma, che in quel periodo era particolarmente infuriato con Franco Carraro, numero 1 della Figc, e con i due designatori, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto. Il patron giallorosso si lamentava infatti per una serie di arbitraggi estremamente infelici nei confronti della sua squadra. È certo comunque che i cinque arbitri citati, e finiti nell' intercettazione, siano della Can di serie A-B.
Arbitri che, stando a chi parlava, erano particolarmente malleabili. L' ipotesi potrebbe quindi essere quella della frode sportiva, ma nel caso venissero fuori anche sospetti di scommesse si potrebbe aggiungere la truffa. Livorno ormai ha chiuso il suo lavoro: strano, comunque, che pur di fronte ad una "notizia criminis", ci sia soltanto un' intercettazione su questo personaggio calcistico (che probabilmente mai ha saputo di essere stato ascoltato e che non è stato sentito sinora dai magistrati). La pratica adesso è passata a Roma. Il pm Luca Palamara, che ha aperto un fascicolo, non ha allo stato iscritto alcun nome nel registro degli indagati: nei prossimi giorni il magistrato procederà alla identificazione certa della persona intercettata.
Per il momento nel fascicolo della procura capitolina vi sono soltanto le trascrizioni della conversazione telefonica (due pagine, appunto). Circostanze, nomi e atti che hanno ancora necessità di riscontri: se ne sta occupando la Guardia di Finanza di Roma. Ma anche l' Ufficio indagini della Federcalcio si è attivato, pur non avendo aperto alcun fascicolo in questo momento. Il generale Italo Pappa si è già incontrato, nei giorni scorsi, con i magistrati romani Torri e Palamara e ora attende i riscontri della Procura prima di decidere come (e se) muoversi. Tutto ruota, appunto, su quell' unica intercettazione.
Ora dovrà essere chiarita, nei dettagli. Da parte della Figc c' è la volontà di accertare la verità, per non lasciare alcuna ombra su questa vicenda. Pappa martedì chiuderà personalmente gli interrogatori sul caso Genoa con Preziosi e Dal Cin (più avanti dal capoluogo ligure gli arriverà il secondo filone, quello relativo alle scommesse). Poi il capo dell' Ufficio Indagini, scritta la relazione su Piacenza-Genoa e Genoa-Venezia, si concentrerà su "fischietti" e dintorni. Già lo scorso anno due arbitri, Marco Gabriele e Luca Palanca, erano finiti nel mirino di un' inchiesta giudiziaria, quella legata alle scommesse: la Dia di Napoli li aveva indagati per associazione a delinquere, ma, dopo un periodo di sospensione cautelare, erano potuti tornare ad arbitrare (Gabriele 6 partite in A, Palanca 3 nell' annata appena chiusa). L' indagine giudiziaria da tempo è ferma.


Il 3 ottobre 2005, Repubblica parla di una riapertura delle indagini:

ROMA - Presto, prestissimo, il generale Italo Pappa, numero 2 della Guardia di Finanza e capo dell' Ufficio Indagini, potrebbe aprire un' inchiesta. La Federcalcio segue passo passo gli atti della Procura della Repubblica di Roma sulla pratica Bergamo-Sensi, e l' ha fatto sin dai mesi scorsi. La storia è di due anni fa, primavera del 2003: Bergamo venne intercettato (casualmente) a Livorno. Una cimice in un ufficio.
Secondo quanto scrive "Il Tirreno", l' ex designatore arbitrale avrebbe accennato ad un colloquio avuto con il presidente della Roma. Sensi gli avrebbe presentato una lista di 5 arbitri "graditi", in cambio di favori: cioè un accordo con Bergamo, assicuratore, e le sue (tante) aziende. La Guardia di Finanza romana sta ancora indagando su alcuni particolari, che vanno chiariti. Vuole capire insomma con quali assicurazioni erano legate le aziende immobiliari e petrolifere di Sensi, un paio d' anni fa. La Roma ha escluso ipotesi di avvisi di garanzia, minacciando denunce. Il ds giallorosso Daniele Pradè ha spiegato: «Sensi si è fatto una risata, quando ha saputo: saremo molto duri con chi mette in giro cose assurde». Abbiamo raggiunto Paolo Bergamo in Perù, dove è impegnato come membro della commissione arbitri Fifa ai Mondiali under 17. La sua risposta è stata netta: «Di questa storia, anzi di questa bufala, se ne stanno occupando i miei legali: presto partiranno le querele. Nessun sequestro di documenti nella mia assicurazione a Livorno, nessun avviso di garanzia».
Da fonti della Procura romana (indaga il pm Luca Palamara) la conferma: «al momento» non sono stati inviati avvisi, presto comunque si avvieranno gli interrogatori (ma è difficile che sia sentito Sensi perché ha problemi di salute). Secondo alcune fonti, non è nemmeno esclusa l' archiviazione. Almeno, dal punto di vista penale. Ma da quello sportivo?


Il 14 novembre 2005 Il Giornale rende note le reazioni dei diretti interessati:

Incredula Rosella Sensi, attuale amministratore delegato della Roma. “È un fatto di cui non ero assolutamente a conoscenza, posso dire che mio padre Franco non c’entra nulla”. Deciso il dirigente giallorosso Pradè dai microfoni di Italia Uno. “Ho parlato con il presidente, si è fatto una risata...
Stiamo acquisendo tutte le informazioni diffuse su questa vicenda e saremo durissimi. Abbiamo letto di un avviso di garanzia e non c’è nulla del genere. Tuteleremo il nostro azionista e il club. Lo sponsor di cui si parla (Ina-Assitalia, società per la quale Bergamo è agente generale per la provincia di Livorno, ndr.) non era più quello in quella stagione, e il presidente era alle prese con altri problemi”. Paolo Bergamo, in missione peruviana ai mondiale Under 17 per conto dell’Uefa, è sorpreso come precisa al quotidiano Qs: “È un grosso equivoco, al mio ritorno farò tutti i passi decisivi perchiarire la mia posizione. Intanto dico che ho avuto sempre rapporti corretti con tutti, ma molto di più con Franco Sensi che ho sempre seguito con grande passione”.
Emiliano Liuzzi, cronista de Il Tirreno che da tempo segue questo filone giudiziario e autore dell’articolo che ha provocato il polverone, precisa: “La smentita della Roma parte da un presupposto sbagliato, non abbiamo mai detto che Sensi ha ricevuto un avviso di garanzia. Ma non può smentire il fatto che esiste un fascicolo di indagine aperto dal magistrato Giuseppe Rizzo. L’inchiesta è partita tre mesi fa e si riferisce a fatti avvenuti nel gennaio 2003. E nell’intercettazione in questione Bergamo racconta a un amico la telefonata con Sensi”. Una difesa di Sensi e Bergamo arriva anche dal presidente della Lega Galliani: “Non conosco nulla e non posso far nessuna considerazione, anche se sono convinto della loro integrità morale. Non si può ragionare in base a delle ipotesi”.


Il 13 giugno 2006 il Tirreno si chiede a che punto sia l’inchiesta in Federcalcio: perché Stagliano, vicecapo dell’Ufficio Indagini della Federcalcio, dice di non saperne nulla?:

Intanto da Milano rimbalza la domanda: che fine ha fatto in Federcalcio il fascicolo intestato a Bergamo e Franco Sensi presidente della Roma? L'avvocato Mario Stagliano, fino alle scorse settimane vicecapo Ufficio Indagini dice che alla Federcalcio non è mai arrivato il fascicolo. Invece le procure di Roma e Livorno affermano di aver trasmesso una nota alla giustizia sportiva.

Il giorno dopo, Fiorentina.it solleva altri dubbi:

Si potrà anche decidere che l’inchiesta Piedipuliti rimanga tra due parentesi, aperte all’inizio del campionato 2004/2005 e chiuse quando i pm napoletani Narducci e Beatrice decisero di porre fine alle intercettazioni alla fine dello stesso campionato. Però c’è chi ha parlato di cupole, di sistemi e di rete, gli stessi giudici di Napoli parlano di associazione a delinquere. Un gruppo di persone che hanno agito nel calcio per molti anni. Presumibilmente. La storia recente di pallonopoli è infatti zeppa di piccoli episodi, fiammate presto sopite, scandaletti di cui non si conserva la memoria ed è difficile reperire tracce.
Uno di questi fu il caso "Bergamo-Sensi", una storia di presunte "proposte indecenti" fatte dal patron della Roma all’allora designatore arbitrale per avere "fischietti di favore" ad arbitrare la Roma. Lo scoprì la Procura di Livorno, per caso, indagando su un giro di tangenti nella città labronica. Ne parlò per primo, nel luglio 2005, il quotidiano Il Tirreno, che approfondì successivamente l’inchiesta, se ne interessò anche il settimanale L’Espresso. Era il 2004 quando la Guardia di Finanza, per scrupolo, si andò a ripassare le trascrizioni di alcune intercettazioni ambientali su un’indagine di tangenti a Livorno, anche se aveva già trasmesso al pm Giuseppe Rizzo il materiale interessante. Ed ecco che salta fuori quel colloquio tra l’allora designatore arbitrale Paolo Bergamo ed un suo amico, un imprenditore locale. Tutto registrato da una cimice messa nell’ufficio di quest’ultimo.
Bergamo racconta all’amico di essere stato invitato a villa Pacelli, residenza di Sensi, la descrive, e aggiunge che il presidente giallorosso gli prospettò la possibilità di stipulare una polizza di assicurazione per una piattaforma petrolifera posseduta dalla Italpetroli, la holding di famiglia, al largo di Civitavecchia. Un affare da due miliardi. All’epoca lo sponsor romanista era Ina-Assitalia, e Bergamo era l’agente ufficiale della compagnia a Livorno. Il pm livornese Giuseppe Rizzo, rilevata la propria incompetenza territoriale sul caso, come confermato a fiorentina.it, inviò il materiale, intercettazioni e rapporti, alla Procura di Roma. Il fascicolo finì nelle mani del giudice romano Palamara - oggi titolare assieme alla collega Palaia dell’inchiesta capitolina su Piedipuliti, quelle sulla Gea e sui falsi in bilancio di Lazio e Roma - l’intercettazione di Bergamo risaliva al 2003, fu trasmessa da Livorno a Roma verso la fine del 2005: nel gennaio 2006 Palamara chiese al Gip l’archiviazione. Un’archiviazione negata dal magistrato preposto, per cui il fascicolo è ancora aperto. I magistrati hanno accertato che la polizza è stata stipulata ufficialmente da un altro agente. Ma interessano non gli sviluppi dell’inchiesta penale, bensì quelli della giustizia sportiva. A quanto risulta a fiorentina.it, della storia era a conoscenza l’Ufficio Indagini, come è assolutamente normale che avvenga in situazioni del genere. Quell’ufficio presieduto all’epoca dal generale Italo Pappa e il cui vice era, l’ultimamente loquacissimo, avvocato Mario Stagliano. Che accertamenti ha fatto l’Ufficio Indagini? Tutto tace.
Incomprensibilmente. A differenza di altre volte, non c’è traccia di un comunicato Figc che annunci un fascicolo aperto, un’inchiesta svolta, né tanto meno archiviata. Eppure, in passato ci hanno deliziato informandoci di tutto: leggiamo ad esempio un comunicato del 25 settembre 2003: "L’Ufficio Indagini della Figc, di concerto con la Procura federale, ha avviato un’inchiesta in merito alle dichiarazioni rese oggi ad organi di stampa dal presidente della S.S. Calcio Napoli Salvatore Naldi". Solerti e precisi, non c’è che dire. E anche attenti lettori di quotidiani dove, spesso, la Figc ha letto di inchieste aperte dalla magistratura ordinaria ed ha richiesto alla stessa gli incartamenti ai fini della giustizia sportiva.
E l’inchiesta Bergamo-Sensi? Di quella in federazione sembrano non saperne nulla, l’ufficio stampa Figc, dietro nostra richiesta, ha ammesso di non esserne al corrente. Chissà se il fascicolo che ne parla è già sul tavolo di Borrelli? Chissà se mai ci arriverà?


Il 6 settembre 2006, il giudice per le indagini preliminari della Procura di Roma, sollecitato dalle richieste del pm Palamara, archivia l’indagine. La giustizia sportiva non ha mai nemmeno pensato di prenderla in considerazione. Diciamo solo che ci sarebbe piaciuto sentire quella intercettazione con le stesse modalità con le quali hanno mandato in onda in televisione quelle di Moggi. Un’ultima constatazione: i pm Palamara e Palaia di Roma hanno indagato sul “doping amministrativo” di Cragnotti e di Sensi, sulle fidejussioni false, su Capitalia e su questa vicenda Bergamo-Sensi, per la quale ricevettero le carte da Livorno. Risultato: niente. I pm Palamara e Palaia hanno anche indagato sulle intercettazioni di Calciopoli. Risultato: Juventus in serie B, due scudetti in meno, fuori dalle coppe europee per due anni, enorme danno economico, cessione dei giocatori migliori. Nient’altro.