Calcioscommesse: La FIGC tuteli le società!

figcDal calcioscommesse al deleterio istituto della responsabilità oggettiva si continuano a gettare palate di fango sull’agonizzante calcio italiano. Perché non si tratta eventualmente solo di qualcuno che tentava di combinare dei risultati graditi, ma soprattutto di società prese alle spalle, di tifosi traditi, di intere città da retrocedere. E allora andiamoci piano con i processi sommari e i nomi dati in pasto a giornalisti che, in nome del diritto all’informazione, non possono far altro che vomitarli al popolino. Ricordiamoci che le persone sono innocenti fino a sentenza passata in giudicato. Viviamo in un Paese che ancora si definisce democratico e che si basa sulla presunzione di innocenza. Andiamoci quindi piano con giudizi su questa o quella persona, ma soprattutto facciamo anche attenzione alle squadre che sembrano coinvolte in questa nuova edizione del “calcio scommesse”. Fa un certo effetto ascoltare dichiarazioni quanto meno intempestive di un esperto di diritto sportivo come Mattia Grassani. Secondo quanto dichiarato a Sky Sport 24, Grassani già precorre i tempi e prefigura l’ipotesi secondo cui, se una squadra direttamente promossa in serie A dovesse essere penalizzata, lo spazio andrebbe ad essere coperto dalla finalista sconfitta ai playoff, e non tramite il ripescaggio di una retrocessa dalla A. Ovvero, nemmeno è stato istruito il processo sportivo e già ci si sbilancia in ipotetici scenari, rischiando di agevolare solo quello sciacallaggio giornalistico affamato di congetture e ipotesi a gettone che, piaccia o non piaccia, tanti danni ha già fatto nel recente passato.

Le società sono parte lesa. Mai come in questo caso le società sembrano essere parte lese per l’eventuale condotta di propri tesserati, ma addirittura ci sono casi, come quello del Siena, in cui giornalisticamente si mette sub judice una promozione in serie A conquistata sul campo perché in una partita (Siena-Sassuolo) giocatori di un’altra squadra si sarebbero messi d’accordo per farlo vincere a insaputa di qualsivoglia tesserato del Siena. Oppure c'è il caso del Padova, che si ritrova immischiato nella lista delle partite incriminate senza che alcun suo tesserato risulti coinvolto nell’ipotetica combine. Un paradosso bello e buono che dovrebbe trovare la FIGC schierata al fianco delle società, e che invece sembra pronta, secondo un ben conosciuto rituale, a colpire indiscriminatamente secondo la cosiddetta responsabilità oggettiva. Bisogna dirlo fuori dai denti: questo è un istituto che rappresenta una vera e propria piaga che nulla c’entra con lo sport, ma che incredibilmente continua a essere una colonna portante dell’ordinamento, in chiara antitesi con quelli che sono anche gli elementari principi dettati dalla carta costituzionale.

La piaga della responsabilità oggettiva. Si continuano a penalizzare e condannare società di presidenti inconsapevoli in caso di tesserati che abbiano alterato la regolarità delle partite o ci abbiano anche solo provato. Non basta per le norme in vigore colpire pesantemente il tesserato, ma si continua a colpire le società di calcio in assenza di dolo o di colpa o comunque indipendentemente da esse, che nulla potevano fare perché certi eventi non si verificassero. Si costringono imprenditori del calcio che spesso si arrabattano fra mille difficoltà a perdite patrimoniali impreviste, spesso letali. Ma c’è anche una questione sociale che viene colpevolmente trascurata e sta nel fatto che con la responsabilità oggettiva si colpiscono pesantemente anche ignare tifoserie e intere città che si ritrovano danneggiate per addebiti con cui nulla hanno a che fare. Una logica ci sarebbe se le società potessero attivarsi per evitare certi nefasti accadimenti ma, in caso contrario, c’è da domandarsi perché gli addetti ai lavori nulla facciano per correggere un istituto che rischia di penalizzare società e tifoserie con lo stesso meccanismo con cui funziona una roulette russa. Io non ci sto con chi gioca allo sfascio di un sistema in gran parte pulito che continua a rischiare di pagare un prezzo salatissimo per poche responsabilità individuali, comunque da accertare ed eventualmente condannare. Eppure viviamo in un Paese che pone fra i dettami costituzionali che “la responsabilità penale è personale” (art. 27); ma vallo a spiegare ai signori del calcio italiano, ovvero un ordinamento privato, troppo privato.