Juve, ora la "mission" europea è quasi "impossible"

champions03La sindrome Champions League della Juve continua.
Anche con Antonio Conte alla guida, proprio Conte, una delle icone di quella squadra che in questo torneo raggiunse quattro finali in otto anni, il sortilegio sembra impossibile da sfatare.
Prevengo le obiezioni: l’Europa mette di fronte a squadre più forti e preparate.
Balle.
Fra la Juve e i danesi c’è un abisso tecnico e si è visto tutto, la differenza riguarda l’approccio, il carattere e la personalità.
Il Nordsjælland ha giocato con entusiasmo e senza pressioni, con giudizio e attenzione, ci ha messo il cuore e ha osato, per quello che potevano permettergli i suoi – limitati - mezzi.
La Juventus invece sembra convivere con una “carogna” eternamente sulle spalle, appena varca il confine si ammala di “pareggite” (e non da oggi, basti guardare gli ultimi risultati europei dei bianconeri), crea ma non chiude, esattamente come accadeva spesso lo scorso anno in campionato.
Con una differenza sostanziale: se lo scorso anno la Juve formato serie A dava l’impressione di aggredire l’avversario con una ferocia che rassicurava tutti sulla giustezza del percorso intrapreso, quest’anno le cose vanno diversamente per tanti motivi: sovraccarico di impegni, difficoltà ad allenarsi con continuità, contromisure adottate dagli avversari, e ci metto pure la non perfetta condizione fisica e mentale di alcuni uomini reduci da acciacchi di lungo corso e da pesanti impegni estivi (leggasi Europei).
In fase di presentazione in molti hanno definito questa come la partita della vita per i danesi: perché per la Juve che cos’era?
Contro la squadra materasso del girone – e, parere personale, la peggiore fra tutte le 32 iscritte alla competizione - i bianconeri avrebbero dovuto “mangiare l’erba”, “sbranare” l’avversario per assicurarsi quel “tesoretto” di sei punti che consentissero di affrontare le due avversarie toste del raggruppamento da una posizione di forza.
Invece il terzo pareggio in tre partite ha sancito la verità già accennata poco sopra: a qualcuno mancano le palle.
Soprattutto agli attaccanti, in particolare alla coppia scelta da Conte in partenza.
Non ci siamo, non ci siamo proprio.
Matri è un finalizzatore, uno al quale offrire palloni sotto porta, o da lanciare in profondità.
Impossibile farlo contro squadre come il Nordsjælland, squadre che si chiudono e costringono uno con limitate doti tecniche com'è il lodigiano a fare sponda e raccordare la manovra, fondamentali in cui dire che non eccelle è fargli un complimento ma in verità si racconta una gran bugia.
Giovinco invece è l’equivoco più grande: valutato come un “top player” (che schifo di definizione…) è l’attaccante sin qui più impiegato, ed è anche quello che ha segnato meno gol decisivi.
Zero.
Non mi importa che stasera abbia corso, che si sia adattato a sacrificarsi nel finale con la squadra ultraoffensiva, oppure che abbia fatto bene in qualche azione, fino al penultimo movimento.
Mi importa che abbia avuto 6 o 7 occasioni da gol e più della metà le abbia fallite in modo puerile.
Gridano vendetta in particolare la conclusione sull’esterno della rete a portiere superato, e quell’imbarazzante tentativo di mezza rovesciata da due metri con “liscio” pieno.
Giocatore da Parma, Sampdoria, da quelle realtà lì, insomma.
Non malissimo i centrocampisti anche se da loro ci si aspetta sempre il massimo, e almeno quanto ad inserimenti hanno lasciato un po’ tutti a desiderare.
Marchisio prende un sacco di botte e detta passaggi in profondità che, per una volta, la non eccezionale vena di Pirlo non tramuta in assist perfetti.
Chi critica un Vidal al 70-80% dovrebbe ricordarsi che il ragazzo soffriva di pubalgia da mesi, e comunque pensare di tenere fuori uno così è roba per chi in alternativa può schierare tipi quali Yayà Touré, Kroos e poco altro.
Male Isla, tatticamente un mezzo disastro: cross per il pareggio a parte, un concentrato di ignoranza calcistica di cui non si sentiva la mancanza.
Spero di ricredermi, ma oggi fra lui e Lichtsteiner c’è molta ma molta differenza.
A favore del pur non brillantissimo svizzero di questi tempi.
Discreta la gara di De Ceglie, non male Lucio e il Bonucci da impostazione (da dimenticare invece nell’occasione del brivido che ha richiamato Buffon al rischioso intervento fuori area), pasticcione Chiellini: il gol del vantaggio danese nasce da un’azione semplicemente ridicola, conclusa maldestramente dal difensore livornese.
Voglio rivedere Bendtner, che in verità avrei voluto vedere dall’inizio, se non altro perché certe gare le ha giocate spesso, a differenza dei due attaccanti di partenza, e non vorrei mai veder in panchina Mirko Vucinic, unico attaccante degno di tal nome in un parco punte assolutamente deficitario.
E’ stato divertente come un calcio nelle parti basse ascoltare Marotta nel prepartita mentre commentava le dichiarazioni rilasciate da Andrea Agnelli qualche settimana fa (“la Juve deve competere da subito per la vittoria in Champions League") con la stessa grinta: “Noi non abbiamo ambizioni di vincere la Coppa, siamo qui per fare esperienza, non è pensabile che una squadra giovane e piena di innesti effettuati in soli due anni ambisca a vincere il torneo”.
Evidentemente qualcuno nello spogliatoio deve averlo sentito. E si è adeguato.
Ora si fa durissima, ed è un peccato, perché avevo l’impressione che superare lo scoglio del girone eliminatorio avrebbe lanciato la Juve lontano, molto lontano in questa competizione.
Faccio ammenda.

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